Qui non si scherza, si fa sul serio. L’email marketing non è un gioco da ragazzi, non puoi improvvisare, non puoi bluffare, non puoi sottovalutare il mezzo e nemmeno l’impegno necessario a mantenere una newsletter del vino che abbia un senso oggi.
Partiamo da questa domanda
Perché una persona dovrebbe iscriversi alla tua newsletter?
Se la risposta che ti dai, d’istinto, è che una persona dovrebbe iscriversi alla newsletter della tua cantina per rimanere aggiornato sulla vita della tua azienda, sui tuoi eventi, sulle novità e le specificità del tuo territorio, delle tue uve e dei tuoi vini, allora sei fuori strada.
Cose del genere non sono materia da newsletter. Per questi aggiornamenti ci sono i social network, che funzionano egregiamente in questo senso, che sono canali scelti, non subiti, dalle persone, che favoriscono naturalmente dinamiche di ingaggio e partecipazione, necessarie e indispensabili per rendere efficaci comunicazioni di questo tipo.
Se ritieni che una tua newsletter possa essere utile ai lettori per orientarsi all’interno del tuo territorio vinicolo, per conoscerne i tesori, scoprirne le curiosità, trovare consigli su cosa e dove mangiare e su cosa visitare mentre si muovono in direzione della tua cantina, nuovamente ti sbagli.
In questo caso ti scontri con competitor molto più agguerriti e preparati di te, con siti verticali, con blog e con grossi player (Tripadvisor per citarne uno a caso) che fanno di queste informazioni la loro mission, e possono offrire agli enoturisti contenuti molto più completi e aggiornati di quanto potrai mai fare tu con la tua newsletter.
L’unica risposta che personalmente ritengo oggi valida alla domanda iniziale te la rivelerò a breve. Prima però qualche numero per capire in che direzione sta andando l’email marketing, e se gode o meno di buona salute.
Lo stato dell’e-mail marketing
Il numero di utenti di posta elettronica in tutto il mondo dovrebbe raggiungere i 2,9 miliardi entro il 2019.
Tradotto per noi, nel nostro piccolo mondo, significa che tutti, escludendo i paesi in via di sviluppo o con accesso limitato alla rete, possediamo almeno un indirizzo email (esattamente come tutti possediamo una buca delle lettere, spesso con su scritto “no pubblicità”, per essere precisi).
Nel 2016 il tasso di apertura delle email contenenti un messaggio personalizzato è stato del 18,8%. Quelle senza personalizzazione alcuna si sono fermate a un 13,1%.
Tradotto significa che se riesci a personalizzare la comunicazione per farla sembrare meno fredda e generica, hai la possibilità che qualche persona in più apra il tuo messaggio. Bada bene ho scritto “apra”, non “legga”, la lettura è, come si dice, “un altro paio di maniche”. Per non parlare poi di far compiere al lettore l’azione che abbiamo immaginato per lui (clic su un link, richiesta di contatto o altro…), la tanto desiderata call to action. Questo è un obiettivo complesso da raggiungere.
Più dell’86% delle aziende (coinvolte nella ricerca che trovi linkata al termine del post), conferma che intende aumentare il budget destinato all’email marketing.
Si tratta dunque di aziende che svolgono già attività di email marketing, che presumibilmente sono a uno stato avanzato della propria strategia digitale in questo ambito. Aziende che, molto probabilmente, dispongono di un corposo database di contatti qualificati, magari faticosamente costruito in anni di lento e costante lavoro di raccolta di indirizzi email.
I clienti di siti di e-commerce che, a seguito dell’abbandono di un carrello, ricevono più email di posta elettronica, hanno 2,4 possibilità in più di completare l’acquisto rispetto a quelli che ricevono solo una semplice email di follow-up.
Ecco che con questo ultimo dato, interessate per far comprendere quanto sia importante la costanza e la cura in questo ambito, mettiamo un piede nel complesso tema dell’e-commerce, che mi permette di aprire una parentesi tanto accessoria quanto necessaria.
L’e-mail marketing non significa solo Newsletter
I numeri sopra riportati si riferiscono al generico ambito dell’email marketing, e riguardano differenti realtà aziendali sul mercato statunitense.
Quando si parla di email in questi termini non ci si riferisce solamente al mondo delle Newsletter o delle DEM (Direct Email Marketing), bensì all’infinito mondo delle comunicazioni automatizzate via email, come ad esempio quelle che scaturiscono da determinate azioni effettuate o omesse da una persona su un sito e-commerce (abbandono del carrello, annullamento dell’ordine, conclusione di un acquisto, etc).
In base a ciò che l’utente decide di fare o non fare, possono scatenarsi eventi mirati via email, che possono avere differenti scopi, come ad esempio far concludere un ordine, far acquistare qualcosa in più oppure fidelizzare l’utente.
Non è questa la sede per entrare nel merito di dinamiche tanto articolate e puntuali. Quello che mi premeva far comprendere è che sì, il settore dell’email marketing ha ancora parecchio da offrire, ma spesso si tratta di declinazioni e accezioni automatizzate e focalizzate al raggiungimento di determinati scopi.
Le newsletter, invece, continuano a rappresentare un terreno complesso, difficile, inutilmente affollato. E questo principalmente perché prevedono la produzione di contenuti di qualità.
Per approfondire il tema della qualità, ti consiglio la lettura del mio post su cos’è un contenuto digitale di qualità nel mondo vino.
Il futuro dell’e-mail marketing
Riprendendo le fila di quanto sin ora scoperto, possiamo quindi dire che la situazione non è certo facile.
Le persone ricevono decine e decine di email al giorno, alcune di lavoro, altre di notifica di attività social, altre commerciali, altre ancora legate a strategie di funnel (quelle che cercano di riacchiapparti se scappi da un e-commerce ad esempio), etc etc.
Le persone raramente leggono, molto spesso cestinano, a volte vengono attratte da qualche oggetto intelligentemente concepito ma poi scappano se il contenuto non si rivela utile, interessante o di valore.
In alcuni rarissimi casi le persone decidono liberamente di iscriversi alla newsletter di un’azienda o di un brand.
Consapevoli di muoverci in questo complesso panorama, diamo un rapido occhio a quelle che sembrano essere le principali direzioni future di questo tradizionale ambito del digital marketing.
E-mail interattive
Sempre di più si potranno “fare cose” e compiere azioni all’interno delle email, cosa ancor oggi è complessa a causa della generalizzata staticità degli strumenti.
Personalizzazione
I messaggi saranno sempre più mirati, creando l’illusione che la comunicazione che ti arriva stia parlando a te e a te soltanto. In realtà sarà più vero di quanto si possa immaginare con il sempre maggior accumulo di dati e informazioni circa le abitudini digitali delle singole persone.
Video in email
Sono in aumento, grazie anche all’HTML5, i contenuti video all’interno di newsletter, e ho già ormai ripetuto fino alla nausea quanto siano coinvolgenti oggi i video rispetto ad altre tipologie di contenuto.
Automatismi
Come ho spiegato in precedenza, si automatizzeranno sempre di più i processi, così che le persone ricevano sempre la migliore email possibile in relazione alle proprie azioni o omissioni digitali su siti tradizionali o su e-commerce.
Connessioni emotive
Si cercherà, anche nelle email e nelle newsletter, di attivare logiche di storytelling disegnate sulle preferenze e sulle abitudini del riceventi. Questo anche perché inizia a non bastare più personalizzare un messaggio, quel messaggio deve anche essere denso di un valore esperienziale ed emozionale. Deve colpire il lettore, deve travolgerlo.
E adesso… ecco la risposta tanto attesa
Mi rendo conto di aver messo tanta carne al fuoco, e spero di non averti confuso troppo le idee parlandoti delle numerose e differenti anime che può assumere una comunicazione via email.
Siamo partiti dalla newsletter, quella che stai forse pensando di attivare per il tuo pubblico, per raccogliere iscritti e per raccontare loro qualcosa. Ci siamo posti una domanda fondamentale e imprescindibile. Ecco finalmente la risposta che offro, a te che fai vino, dopo questa lunga discussione.
Una persona si iscriverà e seguirà volentieri la tua newsletter se riesci a far sentire questa persona unica, se gli offri l’accesso a vantaggi o occasioni esclusive, se la coinvolgi in una community che ha con te e con i tuoi vini un rapporto privilegiato, un rapporto diverso e più profondo.
E se sono perfettamente consapevole che questa risposta suona terribilmente evanescente e spudoratamente markettara, ti invito comunque a fermarti un attimo, valutarla attentamente e rifletterci, perché è davvero l’unica risposta possibile.
Come ho detto a inizio post il terreno delle newsletter è solo per veri duri. La concorrenza è spietata, il rumore è alle stelle, l’attenzione delle persone quasi a zero.
Per essere notato, per essere scelto, devi essere il migliore, offrire qualcosa di unico, qualcosa che non si trova da nessun’altra parte.
Non è sufficiente saper scrivere, saper raccontare, e non bastano i contenuti. Bisogna sapere emozionare.
Come trovare la formula segreta del successo e dell’irresistibile unicità nessuno lo sa. Alcuni istituiscono i “club del vino”, invitando le persone a iscriversi per poter godere di vantaggi esclusivi non solo in relazione all’acquisto delle bottiglie, ma anche ad esempio sotto forma di invito a eventi speciali, inaugurazioni, lanci di nuovi prodotti, fiere, etc. Questa è una via.
Tutte le altre strade, capaci di distinguersi dalla massa informe delle comunicazioni email delle altre cantine, sono a disposizione della tua fantasia, del tuo coraggio, della tua intraprendenza.
Tutto ciò precisato, e non è mia intenzione scoraggiare nessuna buona iniziativa in tal senso, ritengo che una newsletter del vino oggi abbia davvero poco senso di esistere.
E non solo per l’impegno necessario a idearla, dotarla di una sua unicità e mantenerla sempre interessante, ma anche in relazione ai tanto sbandierati tassi si apertura, che nella migliore delle ipotesi ci dicono che se in 1000 ricevono la tua newsletter, solo in 20 la aprono.
Con numeri simili si capisce che una newsletter, per possedere una certa efficacia, necessità di un numero consistente di iscritti.
Per tutti questi motivi ritengo sia il caso di valutare con estrema attenzione e serietà la possibilità di attivare una newsletter aziendale. Diversamente, le stesse energie che si andrebbero a spendere per la costruzione e la gestione di un’attività di questo tipo, possono essere meglio focalizzate su altri ambiti (social media marketing, campagne sponsorizzate, blogging, etc etc).
Ma ora sono curioso di sapere se possiedi una newsletter, o in passato ne avevi attivata una, e che frutti raccogli o hai raccolto dalla tua attività di email marketing.
Fonti: emailmonday.com – webpresencesolutions.net
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com