Qualche giorno fa ho avuto occasione di passare del tempo nella sala d’attesa di un pronto soccorso. Nulla di grave, non preoccuparti. Mi sono perso a osservare le persone presenti e, senza premeditazione, ne è sorta una riflessione digitale, e forse anche vagamente sociologica.
Nel bel mezzo del silenzio e dell’atmosfera rarefatta che caratterizza più o meno tutti gli ambenti ospedalieri del mondo, ho assistito con curiosità e partecipazione a questa scena.
Una giovane ragazza ferita a un dito della mano, subito dopo essere stata medicata, non ha esitato un solo secondo a estrarre lo smartphone dalla tasca e scattarsi una foto alla fasciatura, per poi immergersi per qualche minuto in quella che immagino fosse una narrazione di quanto accaduto in chat o nei social network.
Dopo questo fatto un’altra ragazza, sempre molto giovane, che accusava dolori addominali, ha comunque trovato la forza di inviare un messaggio audio (su WhatsApp o simili), subito seguito da un selfie con faccina triste.
Cosa ci fa capire tutto questo e cosa centra con te che fai vino
La prima lezione che ripasso (solo perché l’ho già imparata da tempo) è una lezione che sempre di più e quotidianamente di presenta di fronte ai nostri occhi, ma che per questioni a volte ideologiche, a volte culturali, a volte personali, a volte anagrafiche, non siamo sempre in grado di riconoscere e accettare (o non vogliamo).
Il digitale fa parte di noi, delle nostre vite, delle nostre abitudini, delle nostre modalità di approccio agli altri. E se una volta si tendeva a distinguere in maniera piuttosto netta mondo reale da mondo digitale, questo confine viene sempre meno, fino a scomparire, perché quel selfie siamo noi, quella voce che viaggia su WhatsApp è la nostra.
Tutto questo può piacere o meno, possiamo decidere che fa per noi oppure no, possiamo anche avvertire quel pressante senso di nostalgico fastidio nel ricordarci quando non esistevano interner, gli smartphone e i social network.
Ma se facciamo business oggi non possiamo che renderci conto dei tempi che corrono e drizzare le antenne nella speranza di captare quelli che verranno.
Ed ecco che arriva la seconda lezione importante, soprattutto per chi, oltre a comunicare, vuole anche giustamente vendere.
Per i nativi digitali (gli wine lovers più giovani insomma) tutto ciò è normale, naturale, potremmo dire scontato. E mentre i consumatori di un tempo, ancorati alle loro modalità di selezione e acquisto dei prodotti e dei servizi, hanno la brutta e umana abitudine di invecchiare, le nuove generazioni hanno tempo, curiosità e portafoglio dalla loro.
I nativi digitali iniziano ora ad essere pronti a degustare, ad appassionarsi di vino e approfondire l’argomento, ad acquistare vino.
Tu sei pronto per loro?
I social network sono spesso lo specchio di un’apparenza che certamente nasce dalla realtà, ma tende anche sempre un po’ ad aumentarla. Sono la realtà aumentata delle nostre vite, delle nostre esperienze.
Come quando ci scattiamo quel selfie in quel posto da favola, tagliato giusto per nascondere l’ammasso di rifiuti della sera prima. O come quando ci permettiamo di esprimere online giudizi rabbiosi e meschini nei commenti a fatti di cronaca o notizie di gossip, con una ferocia e una animosità che mai ci sogneremmo di avere in un confronto faccia a faccia (“nei social leoni, de visu…” completa come preferisci).
Nei social mostriamo dunque la parte migliore e quella peggiore di noi stessi.
E il vino? Cosa centra il vino in tutto questo?
Non mi stancherò mai di declamare le innate e sconfinate virtù comunicative e conviviali del vino.
E, dato che la vita del nativo digitale è in egual misura distribuita tra rapporti umani diretti e rapporti umani mediati da canali digitali, web o social, ecco che l’equazione dovrebbe essere piuttosto semplice.
Tutta l’immane e innata potenza comunicativa del vino passa dalla chiacchierata alla Stories su Instagram, dalla telefonata all’amico al post su Facebook, dalle narrazioni durante il pranzo domenicale alle parole di un blog, e tutto senza soluzione di continuità.
Il vino oggi ha i suoi canali ed è sempre meno corretto sostenere la separazione tra quelli definibili tradizionali e i nuovi digitali, perché per i giovani che il vino lo scoprono, lo amano, lo condividono e lo acquistano, i canali sono semplicemente canali, siano essi carta stampata, tv, radio, riviste specializzate oppure magazine online, blog, commenti su portali di recensioni, applicazioni del vino, ecommerce, social network, e chi più ne ha…
Ecco dunque che la domanda giusta è chiedere a te se sei pronto per loro, perché sono assolutamente certo che loro siano pronti a conoscere il tuo vino, fotografare le tue etichette, geolocalizzarsi nella tua azienda, raccontare nei social ciò che sei stato in grado di trasmettergli.
Cosa puoi fare
Prima di tutto devi prendere atto dei tempi che corrono, cosa che non significa accettarli ciecamente o farteli piacere per forza. Unicità, identità e spirito critico restano elementi indispensabili, ma vanno necessariamente applicati al contesto sociale che ci circonda. Diversamente non sarai mai un anarchico, ma semplicemente un vignaiolo fuori dal tuo tempo.
Poi, sempre se hai voglia di farlo, devi educarti all’ascolto e all’osservazione del consumatore oggi, e dedicare le stesse attenzioni sia a chi ha già fatto un percorso, ha raggiunto un certo grado di consapevolezza enoica e si ricorda di quando si riavvolgevano i nastri nelle musicassette con la bic, sia a chi un percorso deve ancora farlo o l’ha iniziato da poco, con il suo taccuino digitale e il pollice opponibile sempre pronto all’uso.
Devi poi avere la voglia e la curiosità di imparare, osservando e studiando gli ambienti digitali frequentati dalle nuove generazioni di wine lovers e prestando attenzione ai nuovi linguaggi e alle nuove grammatiche che questi canali propongono.
E poi devi farti la domanda più impostante.
Sei pronto?
Perché non è più tempo per procrastinare, valutare, essere timido. Il glorioso passato è lì per darti forza e coraggio ogni volta che ne avrai bisogno, il futuro è già davanti ai tuoi occhi, il futuro è quel gruppo di ragazzi che chiacchiera, sorride e si scatta selfie mentre ti chiede con che uve è fatto il rosso che ha nel bicchiere.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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