Nel suo bel volume Food Marketing. Creare esperienze nel mondo dei foodies, Carlo Meo accenna all’importanza del fattore tempo legato al concetto di esperienzialità all’interno del mondo food.
Il mercato dell’esperienzialità è quello che vende tempo di qualità, oggi la risorsa più scarsa e più ambita. – Carlo Meo
Dopo averci accompagnato alla scoperta del Food come superamento del Cibo, e averci introdotto al concetto di esperienza tramite i mutamenti socioculturali degli ultimi decenni e la nascita di nuovi consumatori e di nuovi canali e modalità di consumo, Meo introduce un fattore spesso sottovalutato.
Il valore del tempo oggi
Il vino rappresenta sempre di più una sorta di tempo liquido, un prodotto da consumare in precise condizioni e contesti. Sempre più si beve bene a casa oltre che al ristorante, e la bottiglia di vino diventa un rito: ricerco, stappo, verso, osservo, annuso, assaggio, condivido, discuto, memorizzo, approfondisco.
[bctt tweet=”Bere vino oggi significa regalarsi del tempo di qualità.” username=”librievino”]
Come sa fare il fumo lento, come un buon libro. Rientra nella sfera dei privilegi, quella cosa che non si riesce a fare ogni giorno e che quindi spesso si pianifica (“domani sera con la fiorentina ci stappiamo un bel rosso”) e, di conseguenza, si pregusta.
Oggi più che mai, con il superamento del concetto di famiglia tradizionale, con i ritmi serrati della contemporaneità, con i pasti spezzati, con le enormi possibilità di scelta a disposizione delle persone, sempre di più il vino si consuma in determinati contesti, tutti caratterizzati però da un ritmo comune, lento, legato alla piacevolezza dell’occasione.
A casa, al ristorante, in enoteca, in degustazioni, alle fiere di settore, a cena da amici. Il vino è presente in questi contesti come qualcosa di vivo, recuperando una sacralità che, pur distante dalle sue origini, si caratterizza comunque per mezzo di movimenti, suoni, profumi codificati e riconoscibili, quasi teatrali.
Un bel post di Geisha Gourmet (che trovi qui) ci riporta alcune statistiche sul consumatore di vino oggi. L’attenzione è giustamente posta sul target femminile, mentre a livello di età, i cosiddetti Millennials si confermano i principali consumatori di vino.
Giovani (si fa per dire) nati tra il 1983 e il 2001 che consumano e spendono mediamente di più rispetto alla generazione precedente. Persone che hanno sviluppato una maggiore cultura enoica e che elevano il vino a vero e proprio stile di vita.
Anche quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza e meriterebbe un approfondimento specifico che non è forse il caso di fare in questa sede. Ci basti sapere che, sempre di più, il vino sta diventando uno dei mezzo attraverso i quali costruiamo la nostra identità in relazione alle persone che ci circondano.
Consumando un certo tipo di vino diamo forma a una versione di noi stessi che ci piace e che desideriamo mostrare e raccontare agli altri.
Tutto questo necessità di tempo. Tempo per imparare, per conoscere, per raccontarsi.
Ma torniamo un momento alle statistiche
Secondo i dati raccolti da Survey Lab di vente-privee, sempre riportati nel post di Geisha Gourmet, il consumo di vino tra i Millennials si suddivide in questo modo:
- il 62% predilige la condivisione del vino all’interno della propria abitazione in compagnia del proprio partner o di amici
- il 33% in occasione di eventi e degustazioni presso enoteche o wine bar
- il 5% dichiara di degustarlo durante pranzi o cene al ristorante
Ecco che il panorama si fa ancora più chiaro.
Se sono a casa con le persone a me care, allora il vino accompagna il tempo dell’amore e dell’amicizia, che si espande nella piacevolezza di una cena a due come nel dialogo con gli amici. Un tempo ripulito da impegni, incombenze, problemi, un tempo lieto, sorridente, vibrante.
Se sono a un evento, voglio conoscere e possibilmente scambiare 4 chiacchiere con il produttore, prendendomi il tempo di scoprire vitigni, territori e vinificazioni che mi aiuteranno a crescere come consumatore e a costruirmi quella famosa immagine di me che tanto mi piace presentare al mondo.
Al ristorante, territorio privilegiato della generazione precedente ai Millennials, il vino diventa sempre più parte di un’esperienza. Anche qui un’esperienza fatta di scoperta, stupore, godimento dei sensi e dilatazione temporale.
Se produci vino devi quindi sapere cosa stai vendendo oggi al consumatore. Gli stai offrendo del tempo di qualità, una sorta di pulsante che rallenta la frenetica corsa della contemporaneità.
Mica cotica!
Non sottovalutare dunque i significati che le persone (non parliamo di consumatori in questo momento) associano al tuo vino. Anzi, favorisci queste meccaniche nella tua comunicazione, associando i tuoi prodotti a suggestioni capaci di entrare a far parte della vita di chi acquista il tuo vino. Solo così saprai renderti riconoscibile e memorabile. Per approfondire ulteriormente questo tema leggi il mio post su come emozionare con il tuo vino.
Chiosa, emozionale
Quando bevo certi vini penso al mare, quel mare che è territorio atemporale, spazio immobile, rassicurante, riconoscibile. Il mare dei film di Takeshi Kitano, il mare che è partenza e ritorno, ciclicità che ignora le stagioni, il mutare dei tempi, gli avvenimenti.
Fonte dell’immagine: un mio scatto al Clandestino Susci Bar di Portonovo, un luogo che se proprio non ferma il tempo, di certo riesce a dargli una bella rallentata.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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