Wine Institute è un’associazione con base a San Francisco, che supporta circa 1000 aziende vinicole californiane su questioni legislative, normative, di marketing, di pubbliche relazione, di comunicazione e di ricerca.
Wine Institute (che come molte realtà statunitensi ha un sito web orrendo; ma a questo paradosso comunicativo dedicherò prima o poi un post) ai primi di maggio ha ospitato MarCom 2018, un workshop che ha presentato alle cantine associate i principali trend per quanto riguarda il marketing digitale, i contenuti web e il mondo degli influencers.
Ne sono usciti alcuni spunti interessanti, che ci aiutano a comprendere sempre meglio come si muovono realtà vinicole più “giovani” di noi, in territori enoici decisamente meno storici dei nostri, che sopperiscono alla minore presenza di tipicità e di tradizioni con una spiccata, e forse innata, predisposizione comunicativa.
Di cosa si è discusso
Tra i relatori erano presenti giornalisti e comunicatori del settore vino, come ad esempio Elaine Chukan Brown di JancisRobinson.com (rivista online di Jancis Robinson, che è stata definita “la più rispettata critica e giornalista del mondo del vino”) e Monique Soltani di Wine Oh TV (altro importante e influente media online statunitense).
Nancy Light, vice presidente di Wine Institute Communications, ha sottolineato come:
“Il panorama del marketing per le aziende del vino sta cambiando rapidamente grazie al crescente utilizzo dei social media e al passaggio a nuove tecnologie e piattaforme digitali per le comunicazioni vinicole tradizionali” – Nancy Light
Al di là di questa lapalissiana considerazione, un aspetto in particolare ha attirato la mia attenzione. L’accento è stato posto su alcuni strumenti e ambienti ben precisi, Instagram con le sue Stories e Facebook con le live, sottolineando soprattutto l’evidente maggior coinvolgimento del pubblico in relazione a queste specifiche modalità di presentazione e diffusione dei contenuti.
Soprattutto in relazione al tema delle dirette live da Social Network, una similitudine che ho trovato particolarmente azzeccata è stata quella di Mike Ganino di Tableside Digital Magazine, che ha affermato che i social media sono simili ai reality show in tv, perché le persona bramano e amano le storie vere.
Ora non importa se la maggior parte delle storie narrate e presentate nei reality show televisivi sono quanto di più lontano da un concetto di verità, perché orchestrate, manipolate e filtrate in base a logiche di ascolto predefinite. Quello che conta, forse da sempre, è la parvenza di realtà, quell’illusione di essere di fronte a qualcosa che indossa molto bene l’abito dell’autenticità.
Alla luce di questa considerazione filosofica, risulta ancor più evidente come forse oggi i veri reality siano proprio i contenuti digitali (testi, immagini e video) prodotti dalle persone. Con le dirette video che la fanno da padrone in termini di autenticità e spontaneità, perché molto meno controllabili, definibili e lavorabili rispetto a un testo o a un’immagine.
Le live all’interno delle app social rappresentano la naturale evoluzione digitale di quell’ancestrale desiderio vojeristico di osservare la vita degli altri, soprattutto quando calata in un ambiente per noi interessante e in una realtà a noi affine.
Instagram e Influencer Marketing
In California parlano dunque di Instagram, di video in diretta , di Stories, di come sia teoricamente, e in parte praticamente, semplice (concettualmente e contenutisticamente) produrre contenuti utili e interessanti, grazie anche solo a uno smartphone, un soggetto e delle idee.
Juliana Colangelo di Colangelo & Partners, agenzia di comunicazione di San Francisco specializzata in Food e Wine, sostiene che Instagram sia attualmente la piattaforma migliore per ottenere la partecipazione delle persone, mentre Shanika Hillocks (sempre Colangelo & Partners) introduce il tema dell’Influencer Marketing, ovvero della possibilità di coinvolgere individui appartenenti al mondo del vino e molto seguiti nei social media, per proporgli strategie di comunicazione in grado di aumentare la conoscenza o la reputazione di una vino o di un’azienda vinicola per mezzo di contenuti, strumenti e ambienti digitali.
L’Influencer Marketing, di cui ho anche io parlato più volte in questo blog, è un tema che ancora fa monto discutere e sul quale spesso insiste lo scetticismo della maggior parte dei non addetti ai lavori.
La questione è spinosa e cerco di riassumere il mio punto di vista, generale e in relazione al mondo vino, su questi benedetti influencer:
Mentre negli Stati Uniti chiamano le cose con il loro nome, noi qui poveri santi, poeti e navigatori, arroccati sulla nostra spesso sterile difesa della lingua italiana, ci indignamo per l’inglesismo, per l’accezione negativa del concetto di “influenza”, fino ad arrivare a disprezzare un’intera categoria di persone (blogger, giornalisti, etc) che comprende sia chi millanta competenze, acquista followers e condivide foto non sue (i più devo ammettere), sia chi invece influencer lo è diventato suo malgrado, costruendosi negli anni una solida base di competenze, reputazione e meritato seguito.
Benissimo, se l’etichetta oltreoceanica infastidisce, non chiamiamoli influencer, chiamiamole “persone con un nutrito numero di followers”.
In relazione alla categoria direi che una prima domanda da porsi è la seguente: è tanto difficile distinguere gli influencer veri da quelli fasulli? Sì se non sei molto ferrato sul tema, assolutamente no se sei un minimo “sgamato”.
Basta un occhio attento e qualche accorgimento per verificare natura e composizione dei followers dell’influencer. Se sono reali o fake, se sono parte di una ristretta cerchia di altri influencer del vino, del cibo o del turismo o vi sono anche persone comuni, se le immagini che condividono solo loro o di altri (prendete una loro immagine sospetta perché troppo patinata e pubblicitaria, caricatela su Google Immagini e scoprirete se è originale o presa da altre fonti), etc.
Uno sguardo attento e critico e un po’ di esperienza potranno aiutarti a comprendere chi è davvero potenzialmente utile per te, per il tuo vino e per la tua azienda, da chi invece produce solo molto rumore per nulla.
Anche in Italia in fenomeno è in espansione. Vinitaly International organizza frequenti eventi, incontri, tavole rotonde con i più giovani rappresentanti della categoria. Molte aziende di casa nostra cercano di coinvolgere influencer in eventi, visite in cantina e progetti digitali nella speranza di trovare un valido veicolo di diffusione del proprio vino e del proprio brand presso il pubblico di riferimento dell’influencer.
E se l’influencer è quello giusto, il progetto digitale è originale e ben organizzato e i canali scelti sono efficaci, la capacità di coinvolgimento e partecipazione di persone interessate (soprattutto giovani) è certamente maggiore rispetto al redazionale di qualche polveroso giornalista pubblicato su una rivista di settore che ha lettori fedeli ma non in crescita o cambiamento.
E bada bene che le mie affermazioni non vogliono essere né una difesa degli influencer né un attacco al giornalismo. Rilevo solo alcuni fatti e evidenze che mi fanno capire che, da una parte gli influencer hanno l’obbligo etico e morale di dimostrare con i fatti le proprie competenze e conoscenze, dall’altra i giornalisti devono essere i primi a scrollarsi di dosso l’aura opaca della comunicazione tradizionale, iniziando davvero a usare la rete per svolgere il proprio mestiere e per riuscire a dialogare con le persone nei loro ambienti, e con strumenti e linguaggi a loro comprensibili.
L’esempio Colangelo & Partners
Colangelo & Partners, come ho già brevemente spiegato, è un’agenzia di comunicazione e pubbliche relazioni californiana, focalizzata su aziende del vino e del mondo food.
L’agenzia aiuta le aziende vinicole californiane, e non solo, progettando strategie di comunicazione e marketing che, ovviamente, possiedono una forte componente digital.
Una delle loro ultime consulenze riguarda proprio un’azione totalmente organica (senza quindi alcun tipo di contenuto sponsorizzato), che ha coinvolto alcuni micro e macro influencer nella produzione di contenuti riguardanti due aziende vinicole della Sonoma Valley, Viansa Sonoma e B.R. Cohn, allo scopo di aumentarne notorietà, reputazione e percezione, agli occhi di potenziali consumatori.
I risultati delle azioni digital sono stati misurati in un incremento delle richieste di visite in cantina, in un considerevole numero di contenuti a tema diffusi dei social, e in un aumento della notorietà delle due aziende grazie anche a due eventi ospitati nelle cantine, che hanno appunto visto la presenza degli influencer.
Ecco che, se il quadro forse non si completa, certamente si chiarisce. Dirette Live e Influencer Marketing sono temi caldi nel mondo della comunicazione e promozione enoica. Sempre più aziende del vino comprendono nelle proprie strategie l’utilizzo di Stories in Instagram o Live sulle app sociali e, seppur ancora timidamente, alcune aziende vinicole (anche di casa nostra) tentano collaborazioni con influencer del vino.
Tutto sta nell’aver chiari obiettivi, contenuti e azioni, nel sapere a chi si desidera parlare e nel pretendere una misurazioni delle azioni che può far davvero comprendere se una strategia è stata efficace oppure no.
FONTI: wineinstitute.org – colangelopr.com
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