Questo post, che avrebbe potuto benissimo intitolarsi “L’ecommerce estero ha bisogno del vino italiano”, approfondisce aspetti che hanno a che fare con il vino italiano nel mondo, con le abitudini di consumo dei Millennials stranieri, e con una startup del vino italiana che certamente conosci.
Il vino italiano all’estero per i millennials è il Prosecco
Una recente ricerca commissionata da Vinventions, produttore di chiusure per vino, e condotta da 3rdPLACE, ha rilevato che i consumatori esteri più interessati al vino italiano sono statunitensi, inglesi, tedeschi e cinesi, e che per il 30% sono Millennials.
Il veicolo principale e imprescindibile per la comunicazione del vino è rappresentato dai social network, e se la maggior parte dei consumatori preferisce rivolgersi a wine shop fisici e enoteche specializzate, ben il 30% sceglie di acquistare online.
In base alla ricerca, che è durata un anno e ha analizzato le conversazioni all’interno di social network, blog, forum, siti di news di settore, applicazioni mobile e aggregatori, risulta che il vino più menzionato e discusso dai Millennials statunitensi, inglesi, tedeschi e cinesi è il Prosecco Valdobbiadene (25% del totale), seguito dal Barolo (13%), dal Chianti (11%) e dal Franciacorta (6%).
Ora, giusto perché non ci beviamo i dati come fossero buon vino, ho provato a cercare una corrispondenza analizzando le ricerche in Google per tutto il 2017, focalizzandomi su alcune chiavi specifiche negli Stati Uniti, in Germania e in Inghilterra. Sulla Cina alzo le mani perché Google non rappresenta il motore di ricerca di riferimento e non è pertanto semplice recuperare un dato autorevole e degno di fede.
Stati Uniti
Germania
Inghilterra
L’analisi delle ricerche è ovviamente non direttamente confrontabile con i dati rilevati dalla ricerca Vinventions, che ha monitorato differenti ambienti social, concentrandosi inoltre sul solo pubblico dei Millennials.
Ciò nonostante non possiamo non rivelare una certa coerenza dei dati riguardanti i termini ricercati dalle persone (tutte) in Google nel corso del 2017. Il Prosecco gioca in una categoria a parte, il Chianti segue dignitosamente, il Barolo pensavo fosse messo meglio e il Franciacorta, anche se ultimo, ne esce decisamente a testa alta, soprattutto considerando la relativa giovane età della denominazione e le dimensioni contenute della sua docg.
Manca l’offerta online
La ricerca citata sottolinea però anche una nota tristemente dolente. Nelle maggiori piattaforme di ecommerce mondiali manca una degna offerta di vino italiano.
Negli Stati Uniti il vino italiano online rappresenta solamente l’1% dell’offerta globale, in Gran Bretagna il 2% e in Germania il 13%.
Questo dato digitale stona con il record da primato mondiale del vino italiano nel mondo, che ci ricorda che nel 2017 l’export ha raggiunto i 6 miliardi di euro, con un incremento del 7% rispetto all’anno precedente.
Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management Politecnico di Milano, le vendite settore food online nel 2017 (di cui il vino rappresenta una piccola parte) hanno generato un giro d’affari di soli 849 milioni di euro. 849 milioni di euro online contro 6 miliardi di export di vino italiano nel mondo.
E sì che il mercato c’è e c’è anche la domanda, e i Millennials di tutto il mondo acquistano online, spendono in cibo e in vino, sono sensibili alla qualità e alle tematiche ambientali e di sostenibilità, hanno un buon potere d’acquisto e usano i social media.
Quell’ecommerce italiano che fa tanto discutere… e acquistare
Poi c’è Tannico, che con le sue 11.000 referenze, i 50 mila clienti e i 6,8 milioni di euro di ricavi nel 2016 (per il 2017 si parla di 12 milioni) diventa la startup che fattura di più in Italia. Una bottiglia su 3 acquistata online è venduta da Tannico.
Insieme a Tannico il panorama ecommerce nazionale è composto da altri player di un certo peso come Xtrawine, Callmewine o Vino75. E penso tutti ci siamo chiesti almeno una volta cosa accadrebbe se scendesse in campo Amazon.
Osservando il fenomeno italiano nella sua globalità vediamo poi che dei 10 miliardi di indotto che il vino porta in Italia, l’online partecipa per solo 35 milioni, il 2% rispetto alla media dei 10 / 15% di altri paesi europei.
Riassumendo e cercando una via d’uscita
Il vino italiano è il più esportato nel mondo. I Millennials di tutto il mondo, impregnati di tecnologia e propensi all’acquisto online, lo vogliono (e amano tanto il Prosecco). In Italia l’online fatica ad affermarsi ma Tannico diventa comunque la startup che fattura di più nel bel paese.
Nonostante tutte queste belle informazioni, i vini italiani non sono presenti sui principali ecommerce mondiali.
Il vino italiano sembra avere dunque un duplice problema. Da un lato è poco presente in mercati esteri con pubblici e abitudini fortemente predisposti al digitale, dall’altro soffre anche in casa propria, con un peso dell’online che ancora non riesce a fare la differenza.
Ecco che si configura un vero e proprio paradosso italiano, un paradosso tra mondo fisico e mondo digitale. Il paese che esporta di più è uno dei maggiormente arretrati dal punto di vista digitale (anche in Europa) e scarsamente presente come offerta negli ecommerce del mondo.
E se le cause dell’arretratezza digitale in casa sono grossomodo riconducibili alle abitudini d’acquisto nostrane, mutuate da una tradizione vinicola ancora fortemente legata al passato e al gusto dell’acquisto sul punto fisico, il discorso dell’offerta all’estero è certamente più complesso e difficile da inquadrare.
Che sarà necessario puntare sull’ecommerce del vino, e sul digitale in generale, è un consiglio utile quanto un cacciavite di fronte a un tappo a vite. Serve forse identificare strategie più concrete e meno generaliste che portino a questo auspicato risultato.
Forse la chiave sono ancora una volta le persone, quei Millennials che acquistano sempre di più online e quei giovani appartenenti alla generazione successiva, la Gen Z, che nel digitale sono immersi sin dalla nascita.
A questi vanno indirizzati gli sforzi dei produttori, anche quelli più piccoli. A far loro conoscere i propri vini e i territori nei quali si inseriscono per fare cultura e far nascere interesse, curiosità e dunque desiderio.
Ricordandoci sempre e comunque che l’offerta si compone quando c’è una adeguata domanda.
Ecco perché l’obiettivo non è quello di combattere lo strapotere del Prosecco, ma di fare in modo che, oltre a lui, anche altre denominazioni comincino ad essere riconosciute e ricercate, soprattutto all’estero.
Dimmi la tua nei commenti, ché sono curioso, e ricordati di condividere il post se ti è piaciuto.
Fonti: bimag.it – economyup.it – diariodelweb.it – inumeridelvino.it
Nota finale: l’immagine scelta per il post è volutamente pacchiana, non insultarmi 🙂
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
2 Responses
Salve,
molto interessante l’articolo e totalmente condivisibili le conclusioni ma le segnalo, quella che credo essere una imprecisione nel copoverso seguente:
“Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management Politecnico di Milano, le vendite di vino online nel 2017 hanno generato un giro d’affari di soli 849 milioni di euro. 849 milioni di euro online contro 6 miliardi di export di vino italiano nel mondo.”
A quanto mi risulta da una ricerca del politecnico sul fronte domanda il totale vendite online food &grocery è di 812 milioni di euro di cui solo il 9% sono riconducibili ad alcolici.
pertanto 849 milioni di euro di vendite online di vino mi sembrano davvero molte anche se si fa riferimento a tutto il mondo.
Cordiali saluti
Buongiorno David e grazie per la segnalazione. Credo abbia proprio ragione lei. Il mio è un refuso, trattandosi infatti di vendite food e non solo vino. Oltre alle fonti citate al termine del post ho trovato un altro articolo che conferma il dato. Grazie per l’apprezzamento e la correzione, che riporterò a breve anche nel post.
Marco