Correva l’anno 2015, e il colosso vinicolo australiano Premier Estates Wine ebbe la “geniale” idea di lanciare sui propri canali YouTube e Twitter, questa campagna video.
Il triste e sessista riferimento al sesso orale, unito all’ennesima strumentalizzazione del corpo femminile, causò la giusta condanna da parte dell’ASA, Advertising Standards Authority, e la rimozione della pubblicità da tutti i canali di comunicazione aziendali.
Lo slogan, per chi fosse poco ferrato in inglese, recitava, “puoi quasi assaggiare il cespuglio”, in riferimento alle, direi dubbie, note gustative del vino in oggetto, uno shiraz australiano da 5,99 sterline a bottiglia, definito terroso e ricco di frutta e spezie. Da qui, l’ulteriore riferimento al fatto che questo bicchiere racchiudesse in qualche modo l’Australia e, dunque, fosse quasi possibile “assaggiare il cespuglio” (taste the bush). Damigiane di eleganza insomma.
Nella versione della campagna con immagine statica, il calice era strategicamente posizionato in zona intima, e il testo che la accompagnava affermava “I want to #TasteTheBush” (voglio assaggiare il cespuglio), immaginando un successo virale del fine hashtag.
I responsabili di Budge Brands, società indipendente che commercializza i vini Premier Estates Wine, dichiararono che la campagna era indirizzata a “un pubblico maturo, tra i 35 e i 45 anni, che consuma vino, e che intendeva essere scherzoso”.
Ammisero anche che era in effetti intuibile che lo “scherzo” poteva “non essere per tutti i gusti”, ma che l’atteggiamento della donna nel video era responsabile e consapevole, che la protagonista era padrona della battuta, e che si trattava comunque di un “semplice doppio senso”.
Massì, dai, un simpatico buffetto sul mento, una strizzatina d’occhio e via, a pensare alle cose importanti…
Ma chiudiamo questo triste e lontano capitolo della storia della comunicazione vinicola australiana, e dedichiamoci ai nostri luminosi giorni, e agli affari di casa nostra.
Qualche giorno fa
Esattamente il 20 agosto, sul profilo Facebook del sempre attento Gianluca Morino, vignaiolo che ho avuto il piacere di intervistare tempo fa su questo blog, vedo questo post:
Ora, dato che mi sembra improbabile che esistano ben 2 geni in grado di concepire lo stesso identico e malaugurato messaggio visivo, mi immagino e forse addirittura voglio sperare, che il “creativo” assoldato dal Castello di Coiano abbia in qualche modo visto la campagna di Premier Estates Wine del 2015 e ne abbia tratto ispirazione, se così la possiamo chiamare.
Anche perché, se è pur vero che non è la prima volta che aziende del vino associano in maniera poco ortodossa i loro prodotti alla sessualità femminile (credo che con l’uva passerina ne abbiano combinate di belle), è altrettanto vero che qui le due immagini, e il concetto generale, sono straordinariamente simili, praticamente identici.
La campagna stampa dell’azienda chiantigiana è uscita sul quotidiano la Nazione dell’11 agosto, e non so se anche su altre testate. Qui è rimasta e in alcuni l’hanno fotografata e condivisa in rete.
Sui canali social ufficiali dell’azienda pare sia comparsa brevemente, prima di essere rimossa, a seguito immagino delle lamentele degli utenti. Ma in questo caso non ho uno screenshot a prova inconfutabile di quanto affermo, ma solo la recensione di una persona, presente proprio sulla pagina Facebook del Castello di Coiano, che conferma che l’azienda ha rimosso le immagini incriminate dopo averle postate (il commento lo trovate sulla pagina Facebook alla voce Recensioni, o riportato poco sotto in questo post).
Fatto sta che, attualmente, l’immagine non compare sui canali social aziendali e nemmeno sul sito web istituzionale.
Chi mi legge sa che non sono solito alzare i toni, fomentare le polemiche o puntare direttamente il dito su dubbie azioni comunicative riguardanti il mondo del vino. Ma qui davvero non è possibile far finta di niente, anche perché il caso è definibile “didattico” e rappresenta veramente tutto ciò che un’azienda del vino, e non solo, non dovrebbe mai fare.
- discriminare chiunque per qualsiasi motivo
- offendere
- rimuovere i contenuti incriminati
- non rispondere alle persone
- non scusarsi con la propria community e con il popolo della rete
Il “purché se ne parli”, pur essendo purtroppo terribilmente attuale, non sempre ha risvolti positivi (per fortuna), e questa ne è una dimostrazione lampante.
La cosa curiosa è il fatto che, leggendo i commenti, ho notato che alcuni hanno tirato in causa addirittura la modella, come se questa avesse qualche responsabilità nella costruzione e diffusione del messaggio sessista. Ma la ragazza non è una modella ingaggiata per la campagna, bensì semplicemente un’immagine libera acquistabile in rete, utilizzata anche per altri scopi e per altri settori. Il calice è stato posizionato graficamente (qui linko l’immagine su Istockphoto).
Ecco un ulteriore motivo per cui tutto ciò fa male al vino, alle donne, e a una civiltà che non sa più fare le giuste e dovute distinzioni e non ha più voglia, e sempre meno capacità, di approfondire quando è il caso, e di condannare quando è necessario.
I risultati visibili a occhio nudo
Ma che danno ha causato questa pubblicità all’immagine del Castello di Coiano?
Parto dal post di Gianluca, poco sopra citato e riportato.
Nel momento in cui scrivo il post ha ottenuto 145 reazioni, 183 commenti (ovviamente negativi) e 19 condivisioni (ma l’attività non si è ancora stabilizzata).
Da quello che posso osservare, le 19 condivisioni del post di Gianluca ne hanno generate altre 11 pubbliche, e non oso immaginare quanti altri utenti abbiano condiviso privatamente il post con la propria cerchia di amici.
Gianluca non è stato ovviamente l’unico che ha direttamente segnalato la cosa in Facebook, e anche se un dato reale della portata della notizia è difficile da recuperare, comprendiamo facilmente che l’eco non è affatto trascurabile.
Il post di Gianluca è ad esempio stato ricondiviso da Ole Udsen, giornalista del vino danese, sul proprio profilo Facebook, generando altri commenti e indignazione, nazionali e internazionali.
Prima ancora di Gianluca, il 19 agosto, la campagna era stata segnalata, sempre in Facebook, dalla blogger fiorentina Elena Farinelli, producendo anche il questo caso 115 reazioni, 64 commenti e 6 condivisioni (sempre ad oggi, sempre di condanna).
Un altro, e ancor più evidente risultato della pubblicità di cattivo gusto proposta dal Castello di Coiano, lo si può vedere sulla pagina Facebook dell’azienda alla voce Recensioni, dove ci sono praticamente solo commenti negativi riguardanti l’immagine incriminata. Ne riporto alcuni esempi:
Persone offese, indignate, che giurano non compreranno mai i loro vini, persone che pretendono scuse e prese di posizione che però non arrivano.
Un ultimo accenno all’eco negativo avuto dalla faccenda, è che la notizia ha sconfinato Facebook per raggiungere anche Twitter, dove proprio nel giorno di lancio della campagna, l’11 di agosto, un utente ha condiviso immagine e commento nel social network cinguettante.
Probabilmente sono anche convinti di essere stati molto raffinati perché la modella è vestita. “Puntiamo a un target di classe”, si saranno detti. E intanto la donna sta lì, da degustare, col bicchiere strategicamente piazzato perché se no non sarebbe stato abbastanza allusivo. pic.twitter.com/84Eek9341o
— Francesca Druetti (@Fra0283) 11 agosto 2018
La lezione che dovremmo imparare
Non ho idea di cosa realmente si aspettassero i referenti del Castello di Coiano con questa iniziativa, anche se onestamente non riesco proprio a comprendere come potessero immaginarsi risvolti positivi, e maliziosamente mi chiedo se si sia trattato di ingenuità, premeditazione o semplicemente di totale mancanza di sensibilità e consapevolezza.
Mi piacerebbe comunque saperlo, e li invito a scrivermi o contattarmi per raccontarmi e raccontarci le loro intenzioni e le loro aspettative.
Ovviamente, l’invito per te che leggi è quello di star lontano da dinamiche di questo tipo, promuovendo una comunicazione etica prima di tutto, imparziale e mai, e dico mai, offensiva o lesiva della sensibilità altrui.
Questo non significa rinunciare all’ironia, solo evitare lo squallore.
Il fatto, spero tu lettore te ne sia accorto, è che la rete non perdona, non dimentica e non resta impassibile di fronte a certi contenuti, anzi. Interviene, agisce, denuncia, commenta e diffonde. Molto di più le notizie negative di quelle positive, tra l’altro.
Questo è un dato che devi sempre tenere ben presente ogni volta che ti passano strane idee per la mente o nel caso dovessi incontrare un consulente marketing zelante tanto quanto inesperto o sprovveduto.
L’etica non è più un optional, e le tue azioni comunicative sono lo specchio della tua azienda e del tuo vino. Devono quindi essere sempre ragionate, progettate con cura e attenzione, seguite e monitorate.
Che il caso riportato ti sia d’esempio per le tue azioni future, nella speranza che ti insegni prima di tutto a non sottovalutare le infinite strade del digitale oggi, e a comprendere soprattutto che ciò che fai non se ne sta più tranquillamente relegato tra le quattro mura della tua azienda.
Fonte: dailymail.co.uk
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
One Response
Mah! Se per caso i responsabili del Castello Di Coiano dovesse iscriverti per “raccontarmi e raccontarci le loro intenzioni e le loro aspettative”, ti prego di condividerle perchè sono davvero curioso. L’annuncio è paradossalmente ancora più triste perchè ha una certa eleganza formale : bella fotografia, impaginazione corretta. In qualche modo chi l’ha concepito è un professionista… Mah!