Anche se la cosa, a livello di nomi, inizia a farsi grottesca, cerchiamo di capire chi può essere definito nano influencer e se può davvero fare la differenza.
C’erano una volta gli influencer
Poi, al di là di capire chi fossero (cosa ancora non molto chiara), è stato necessario sottolineare le evidenti differenze tra chi aveva milioni di follower e chi “solo” qualche centinaia di migliaia. I primi sono stati definiti mega influencer (le celebrità ad esempio), i secondi inflluencer e basta.
Tra i primi e i secondi personalmente ritengo che una importante differenza risieda nel tipo di pubblico raggiunto, non solo nel mero dato numerico che li distingue.
I mega influencer raggiungono la massa, sono per così dire orizzontali pur appartenendo anch’essi a specifici ambiti. Gli influencer si posizionano già in un ambito più settoriale, potremmo dire che sono ampi ma verticali.
Per fare un esempio concreto, LeBron James (mito della pallacanestro) che racconta a un giornalista il suo amore per il mondo del vino è un mega influencer che parla di vino (oltre 46 milioni di follower in Instagram).
Wine Spectator, oltre 320 mila follower in Intagram, è un brand influencer verticale sul mondo vino. Ampio ma verticale, parla di tutto il vino e a tutto il mondo del vino.
Poi sono arrivati quelli più piccolini, con un seguito tra i 10 e i 100 mila seguaci, i famosi micro influencer.
E qui iniziamo non più a parlare di settore bensì di nicchia, trattandosi di profili sempre più specializzati, magari orientati a una certa filosofia produttiva, frequentatori di fiere, enostrippati. Di nicchia e verticali dunque.
Ci tengo a ricordare che oltre i 10 mila follower Instagram attiva la preziosa funzionalità dello swipe up nelle stories, ovvero la possibilità di inserirvi un link, cosa che fa gola tutti per convogliare traffico su altri canali, come ad esempio il proprio sito o blog.
Stiamo ovviamente parlando di follower in Instagram, l’unica piattaforma che concretamente assegna la coccarda di influencer a chi ne ha diritto. Un diritto molto spesso puramente numerico, come ho avuto modo di spiegare nel mio precedente post sugli wine influencer dopati.
Se hai molti follower in Instagram allora sei un influencer, se ne possiedi altrettanti in Facebook o in Twitter la cosa non è così immediata. Nonostante non vi siano praticamente differenze, si tratta sempre di un pubblico che puoi raggiungere e coinvolgere con le tue comunicazioni.
Molto bene! Quando pensavamo di essere arrivati alla fine della matriosca, ecco che spuntano i nano influencer, e in molti sostengono che il 2019 sarà il loro anno.
Muniamoci di microscopio e osserviamoli da vicino.
Chi sono i nano influencer
Ecco le principali caratteristiche di chi in Instagram possiede un pubblico tematizzato e affezionato compreso tra i mille e i 10 mila follower:
- hanno una più alta percentuale di utenti reali e interessati rispetto a un influencer o a un mega influencer
- hanno tassi di coinvolgimento maggiori (8,7% rispetto all’1,7% delle celebrità oltre il milione di follower) anche perché rapportati a un pubblico più contenuto
- si impegnano di più perché sono comunque agli inizi di un percorso
- hanno un elevato livello di credibilità e di reputazione presso il proprio seguito
- costano meno, o forse nemmeno costano, basta fornirgli del vino in cambio di qualche post
- sono più disponibili e più facilmente raggiungibili
- sono bravi nel creare contenuti unici e originali
- amano davvero i prodotti che promuovono
Ma un nano influencer non resterà tale per sempre.
Se è bravo e se la sua nicchia è sì ristretta ma anche idonea a una certa crescita, pian piano diventerà un micro influencer, e se proprio è un fenomeno nel suo settore, il numero 1 per dire, potrà anche diventare un influencer senza prefissi.
Alcune controindicazioni
Per essere molto chiaro io, oggi, sono in alcuni casi consiglierei a un’azienda vinicola di focalizzare parte della propria strategia digitale sui nano influencer, a meno che un’azione del genere non sia sorretta da una chiara e definita strategia e regolamentata sotto tutti i punti di vista.
Nella consapevolezza che non è certo possibile affidarsi a un solo nano influencer, ma è necessario sceglierne un gruppo, anche piccolo, per raggiungere un pubblico sufficientemente interessante.
L’estrema frammentazione può infatti anche rivelarsi efficace ed economica, ma porta comunque con sé un’alta percentuale di entropia, e i brand del vino devono capire quanto sono disposti a rischiare in termini di potenziale perdita di controllo.
Alla fine si tratta proprio di questo, affidare il proprio messaggio a tanti nano influencer può rivelarsi dispersivo e pericolo. E il brand deve sempre mantenere il controllo sulle attività ad esso collegate, e sapere come e su quali canali viene veicolato il proprio prodotto.
Se sei un’azienda vinicola che può permettersi di farlo, potrebbe essere interessante creare un evento dedicato e invitare 100 nano influencer facendogli vivere una bella giornata in cantina, regalandogli in pratica un’esperienza memorabile.
Condividendo prima un piano organizzativo e delle linee guida comunicative, potreste concordare alcune modalità di presentazione e diffusione dei contenuti creati nel corso della giornata (post, stories, dirette, etc).
Solo in questo modo, progettando, pianificando, normando, coinvolgendo e formando penso sia possibile immaginare un’azione di nano influencer marketing nel mondo del vino.
Certo serve tempo, servono risorse, e serve capire bene il rapporto costo beneficio tra il coinvolgerne 50 piccoli piuttosto che 5 grandi.
Ecco cosa mi domando ogni volta che mi trovo a confrontarmi con un nuovo fenomeno di marketing digitale:
- per quale e quali realtà vinicole può andar bene?
- quali aziende possono permettersi di intraprendere un percorso di questo tipo?
- che tipologia di pubblico coinvolge?
- che obiettivi si potrebbero raggiungere?
- quanto costa (non solo in termini economici)?
Conclusione ottimistica
Voglio chiudere rispondendo meglio alla domanda che compone il titolo a questo post.
Se usciamo per un attimo dall’ambito meramente markettaro delle nostre riflessioni e osserviamo il caso nano influencer del vino in maniera più ampia possibile, ci rendiamo conto che stiamo comunque parlando dell’espressione più sana, autentica e spontanea del più ampio fenomeno degli wine influencer.
Ci rendiamo anche conto che con la loro attività e la loro passione non ancora del tutto contaminata da logiche di guadagno o di follower da incrementare a tutti i costi, offrono un enorme servizio al mondo del vino in generale, soprattutto a quello delle piccole produzioni, non potendosi permettere forniture quotidiane di Dom Perignon.
Diciamo che rappresentano il primo passo ideale per avviare un percorso virtuoso nel lato digital del vino, e poter davvero offrire, grazie alla crescita delle competenze e allo sviluppo di necessarie professionalità, un servizio realmente utile e di valore alle aziende del vino.
Tutto questo fino a quando mio cugino astemio, con i suoi 5 follower stabili, non si scatterà per sbaglio un selfie al reparto vini di un supermercato e verrà acclamato come il primo pico influencer.
Fonti: ninjamarketing.it – cmswire.com/
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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