Altre volte mi è capitato di segnalare libri di settore tra le pagine virtuali di questo blog, ma questa volta è differente, e ora ti spiego perché.
Ah dimenticavo, buon anno!
E pur essendo uno che crede che i cambiamenti avvengano gradualmente, un passo alla volta, e quasi mai da un giorno all’altro, ti auguro che questo nuovo ciclo possa portarti a una maggiore consapevolezza del mondo, fisico e digitale (per usare vecchie ma comprensibili distinzioni ormai quasi inesistenti), che circonda te e il tuo vino.
Ma torniamo a noi.
Come ti dicevo, mi capita spesso di trovare spunti per argomenti che ritengo possano interessarti, partendo da ciò che più mi colpisce nei libri e nei saggi a tema digitale che leggo durante l’anno.
Stavolta però mi sono confrontato con una lettura leggermente diversa dal solito e, forse proprio perché diversa, illuminante sotto molti punti di vista.
Durante le festività natalizie ho divorato The Game di Alessandro Baricco, uno che, insomma, qualunque cosa faccia produce letteratura e dalla letteratura proviene. Un narratore, un osservatore.
In The Game Baricco ci racconta quest’epoca digitale. Da dove e quando nasce, come si sviluppa, che direzioni prende, di cosa è fatta e come impatta sulle nostre abitudini, sui nostri comportamenti e anche sulle nostre idee.
E devo ammettere che, pur non essendo Baricco un operatore del settore, è riuscito a comprendere le logiche e le dinamiche digitali con una profondità che molti professionisti nemmeno si sognano.
Baricco ci racconta cose che, tendenzialmente, sappiamo già, ma le racconta in modo differente, con quella lucidità che appartiene alle intelligenze più sottili, con la capacità di semplificare concetti complessi e di arricchirli di una luce nuova. Una luce che sa illuminare nuovi percorsi mentali. Percorsi che, se correttamente interpretati e declinati, possono tramutarsi in nuove opportunità di business.
Non entro nel merito della struttura del saggio e degli argomenti trattati, leggetelo e scoprirete tutto.
Su un aspetto vorrei però soffermarmi, forse il meno integrato nel saggio di Baricco ma uno dei più utili ai nostri scopi, quello di storytelling.
Per la prima volta da quando ho avuto modo di imbattermi in questa discussa etichetta, ho trovato una descrizione centrata e finalmente libera da preconcetti e da inutili fastidi.
Lo storytelling spiegato da Baricco
Per prima cosa Baricco, come tutti gli uomini di memoria, ci ricorda che lo storytelling (a prescindere da come sia stato chiamato in precedenza) esiste da millenni, solo che in quest’epoca digitale ha trovato un habitat particolarmente accogliente e favorevole.
Poi fa chiarezza in mezzo alla confusione, specificando che lo storytelling non è qualcosa di slegato dalla realtà, che la falsifica o la tarocca, bensì fa semplicemente parte di essa.
Sfilate via dalla realtà i fatti e quel che resta è storytelling – Alessandro Baricco
Infine ci fa notare che non sempre lo storytelling ha un aspetto narrativo, non sempre è il racconto di una storia. Spesso è una parte della realtà, anche non narrativa, che concorre a donare al fatto in sé caratteristiche uniche e adatte ad essere notate, apprezzate e condivise.
Descrivi la tua vigna al tramonto e vedrai che non riuscirai a limitarti ai fatti ma nemmeno racconterai una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine (restando sul classico). Ecco lo storytelling.
Cosa se ne fa un vignaiolo dello storytelling?
Alla luce di queste riflessioni credo sia piuttosto chiaro che ogni volta che racconti il tuo vino a un visitatore, a un enoappassionato o a un amico, probabilmente la dose di storytelling che instilli nella tua narrazione supera abbondantemente il 50% del totale.
I fatti nel mondo del vino, come in tanti altri mondi, sono più o meno sempre gli stessi. La vinificazione è chimica, le fasi vegetative della vite sono note, i descrittori di colore, olfatto e gusto sono normati, i format delle fiere sono simili, la degustazione ha le sue regole. Tutto il resto è storytelling.
E il resto nel mondo del vino, nella sua narrazione, è davvero tanto se ci fai caso, è la parte predominante.
La differenza cerchi di farla con la filosofia, con i valori, con la visione, con l’etica, non con i meri fatti. I fatti sono lì a dimostrare che le tue non sono solo parole, perché se è vero che non esiste sostanza senza storytelling, è altrettanto vero che può esistere uno storytelling senza sostanza.
Comunicare oggi non è facile. Innumerevoli messaggi, differenti canali, molto rumore; è come cercare di chiamare qualcuno dall’altro lato di una piazza che ospita un mercato gremito di folla vociante e in movimento. Difficile farsi sentire, ancor più difficile attirare la sua attenzione e raggiungerlo.
Lo storytelling è una chiave fondamentale, è un microfono, un megafono, l’insegna luminosa che svetta sopra la tua testa.
Bisogna però saperlo usare, dominarne le logiche, conoscerne i tempi, e spesso si tratta di una predisposizione personale che nessuno può davvero insegnarti.
Certo si possono adottare alcuni comportamenti, osservare gli altri, imparare un’attenzione, educarsi a migliorare i propri contenuti per renderli idonei ad essere presentati nei singoli e specifici canali digitali scelti, in maniera valida e efficace.
Una conclusione (per ora)
Ecco dunque cosa abbiamo imparato:
- lo storytelling è parte della realtà
- storytelling non è sinonimo di mistificazione o falsificazione di un fatto
- un fatto senza storytelling non esiste, e viceversa
- lo storytelling fa oggi la differenza nelle possibilità di successo di un contenuto digitale
- se un contenuto digitale, a parità di fatto, funziona meglio di una altro, puoi star certo che è merito di uno storytelling efficace
Mi rendo conto che da questo post è difficile trarre formule precotte di storytelling enoico. Mi rendo altresì conto che discorsi del genere, apparentemente ideali ma molto concreti se ben compresi, vanno fatti.
I concetti vanno analizzati per quello che sono, vanno osservati e compresi per essere assimilati e usati a nostro vantaggio.
Lo storytelling non toglie nulla alla qualità del tuo vino, alla tua fiera e storica filosofia produttiva. Semplicemente ti aiuta a comunicare meglio tutto questo, a raggiungere e coinvolgere il pubblico che ti interessa.
Se poi non vuoi chiamarlo storytelling chissenefrega, spesso lo usa anche chi lo critica, perché tanto è quella roba lì, a prescindere da come la chiami.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
5 Responses
Interessante, complimenti. Mi viene solo da aggiungere che la narrazione è basata sulla memoria, che ciascuno “alimenta” a modo suo, creando nel dialogo una percentuale variabile di epica.
La memoria però si basa sui fatti, per questo non mi sento molto d’accordo sull’affermazione che la narrazione sia la realtà sfilata dai fatti.
Saluti
Mirco Mariotti
Grazie per il commento Mirco. Mi trovi perfettamente d’accordo sul concetto di memoria, la sua incidenza è spesso sottovalutata. Per il tuo comprensibile dubbio sull’affermazione di Baricco, posso solo cercare di specificare che in realtà Baricco non parla di narrazione quando dice che si tratta della realtà ripulita dai fatti, bensì di storytelling. Quello che credo voglia farci comprendere è che il concetto odierno di storytelling non è esattamente sovrapponibile al nostro concetto di narrazione, non ne è la traduzione fedele. Infatti nel suo libro specifica anche che spesso lo storytelling non ha nulla a che fare con la narrazione. Al di là delle giuste visioni critiche penso proprio che The Game sia una lettura interessante e stimolante.
Ok, allora torna tutto, anzi, chiedo scusa, perchè mentalmente ero partito con l’identificare i due termini, per cui ti ringrazio per il suggerimento della lettura!
Bell’articolo, ottimo contenuto.
Grazie mille!