Questo post potrebbe sembrarti confuso, ti avverto. Seguimi comunque, e vedrai che una morale riusciamo a trovarla.
I millennials di tutto il mondo vivono online, lo sappiamo (anche se spesso scegliamo di ignorarlo). Il 90% di loro accede alla rete ogni giorno.
Alcune delle cose che fanno online:
- visitano i social network (67%)
- effettuano ricerche sui motori di ricerca (62%)
- guardano video (56%)
- cercano indicazioni stradali (51%)
- ricercano potenziali acquisti (43%)
La maggior parte di loro fa tutto questo tramite il proprio smartphone.
E questi sono i giovani ma non giovanissimi, i millennials appunto. Una generazione a cavallo tra l’analogico e il digitale.
Se invece osserviamo meglio la fetta di pubblico che comprende anche una fascia d’età più giovane, i giovani under 25 italiani, ci rendiamo conto che proprio tutti accedono alla rete. Tutti! E tutti hanno uno smartphone. E da tempo.
Ma cosa è esattamente uno smartphone? Non certo un telefono, non solo per lo meno.
Lo smartphone oggi ha preso il posto (totale o parziale) di tutte queste cose:
- l’agenda
- il calendario
- la rubrica degli indirizzi
- l’orologio
- le mappe cartacee
- l’enciclopedia
- la macchina fotografica
- la calcolatrice e la torcia
- il cinema
- la radio e i dischi
- la carta di credito e i contanti
- le tessere fedeltà
- i libri
- le console per i giochi
- la televisione
- i giornali e le riviste
- i negozi
- le agenzie di viaggio
- gli album fotografici
- la sveglia e il timer
- le mappe (l’ho già detto)
- altro che non mi viene in mente
- … e poi telefona anche
Ovviamente non tutto è stato sostituito al 100%, e non tutti usano il proprio smartphone per tutte le funzioni sopra elencate.
Però è tutto vero, e forse ancora non ce ne rendiamo realmente conto, anche quelli che come me sono nati privi di questo vero e proprio arto tecnologico. Pensa a chi ci nasce, quanto giustamente da’ per scontato tutto questo.
Ma perché tutto questo?
I giovani e i meno giovani, i consumatori, e tra loro quelli che possono rappresentare un pubblico interessato a te e al tuo vino, sono tutto questo, fanno tutto questo e hanno ragione loro.
La diffusione degli smartphone è pressoché totale. Il loro utilizzo è diffuso. La rete viene navigata principalmente via smartphone. Google indicizza e posiziona ormai da tempo i siti web dando priorità alla scansione delle versioni mobile, il famoso mobile first. C’è un’app per tutto e i social sono sempre più app e sempre meno web.
Il digitale è molto più ampio di uno smartphone, ma ho voluto partire da questo rivoluzionario dispositivo fisico perché rappresenta il perfetto collegamento tra online e offline, la dimostrazione che questa distinzione non esiste più, è oggi anacronistica, vecchia, superata.
Online e offline sono rimasti separati solo per alcuni addetti ai lavori e per gli imprenditori vecchio stampo. Per i consumatori l’esperienza, dalla scoperta all’acquisto, fino alla fidelizzazione, fa parte di un percorso unico e coerente, continuo e continuativo (il famoso consumer journey).
Ho voluto usare lo smartphone e la sua diffusione per arrivare a un concetto per me fondamentale. Un concetto che ha a che fare con i punti di vista, una certa predisposizione nel pensiero e la capacità di empatizzare.
La giusta prospettiva
Dobbiamo abituarci a immaginare e progettare le nostre strategie empatizzando con il pubblico reale, con i consumatori, con i nostri interlocutori, con chi ha uno smartphone e sa come usarlo.
Perché se quando comunichi pensi a te stesso e non a loro, sbagli. Se filtri tutto attraverso il tuo sguardo sbagli, perché tu non sei un campione indicativo né affidabile. Loro sono importanti, loro hanno ragione.
Tu sei quello che produce, non quello che acquista, e che ti piaccia o no dall’altra parte del bancone, della cassa, dello shop online vi sono categorie di consumatori che apprezzano il tuo prodotto e che magari non conosci o credi di conoscere ma così non è. Alcuni ti piacerebbero molto, altri non li inviteresti a cena a casa tua.
L’errore è sempre lo stesso, e si ripete, e nasce dall’ego (maledetto ego), dalla negazione di una realtà che ci circonda ormai da tempo, dall’incapacità di ascolto, osservazione e empatizzazione e dalla non abitudine a basarsi sui dati oggettivi che il digital marketing è in grado di offrirci, preferendo irrazionalmente le proprie opinioni personali.
E il vino?
Il mondo del vino italiano poggia ancora molto su logiche comunicative e commerciali basate su modelli storici, tradizionali. Modelli che funzionano oggi ma che il mondo ci dice potrebbero smettere totalmente di funzionare domani.
Spesso l’arroccamento su questi modelli deriva dal fatto che il vino si vende tutto, che la cantina ancor oggi si svuota solo perché siamo in un periodo storico, pur al tramonto, in cui il vino si vende più o meno alle stesse persone a cui lo si vendeva 15 anni fa.
Ai dubbi degli imprenditori del vino, alle loro resistenze digitali, rispondo sempre nello stesso modo. Tu sei importante fino a quando il vino è stato prodotto, etichettato e inscatolato, poi non lo sei più. Dopo, al centro ci sono le persone, i giovani e i meno giovani che vivono le loro vite avendo ormai da tempo interiorizzato il digitale e i dispositivi che ne permettono l’uso.
E mentre i tuoi valori sono eterni ed eterni devono restare, cambiano i canali e gli strumenti, e chi non lo accetta è finito, magari non oggi, di certo domani, e le nuove generazioni lo sanno.
In una bella intervista video Marie Gulin-Merle, Chief Marketing Officer di Calvin Klein, afferma che il digital marketing è giunto al capolinea. Ma non intende certo dire che sia morto o finito, anzi, quello che giustamente sostiene è che oggi il digital marketing è semplicemente marketing.
Marie invita gli imprenditori prima di tutto a cambiare il proprio mindset, la propria mentalità su questo tema, perché una distinzione oggi porta solo confusione e sovrapposizione. Marie ci ricorda infatti che i consumatori non ragionano in questi termini, per loro natura.
Questo confuso messaggio che ho cercato di passare è la chiave di tutto. O ci si apre a questo panorama oppure ci si arrocca nel proprio mondo e si resta, pian piano e senza rendersene conto, fuori dal mondo.
Fonti: thinkwithgoogle.com – consumerbarometer.com – oconsumerbarometer.com – consumerbarometer.com
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
4 Responses
Grazie, ineccepibile ed efficace. O ci sei o non ci sei, il resto è un problema tuo. E visto che ci devi essere, sarebbe meglio se ci fossi bene.
Grazie per il commento Patrizia! E giusta osservazione.
I canali digitali in effetti sono le nuove città, e nessuno metterebbe un negozio di vino in un vicolo buio o su una strada frequentata da astemi. La tua frase “Tu sei importante fino a quando il vino è stato prodotto, etichettato e inscatolato, poi non lo sei più” è molto potente
Grazie Rolando! Ogni tanto cerco di smuovere le coscienze 🙂