Se pensi di offrire la stessa cosa quando vendi il tuo vino su differenti canali ti sbagli di grosso. Vediamo perché.
Questo post nasce da una riflessione che, quando mi se è presentata, mi è sembrata degna di approfondimento.
Abbiamo già imparato che spesso e per molti consumatori (non sempre e non per tutti), l’acquisto di un vino va ben oltre la necessità di trangugiare dell’uva fermentata.
Ho infatti più volte spiegato, come in questo post, che il consumatore evoluto che acquista un vino, in realtà ricerca una serie di importanti vantaggi ideali e ideologici, come ad esempio:
- un’esperienza
- una condivisione di valori (scelgo il tuo vino perché siamo simili)
- una versione migliore di se stesso
- una riprova sociale (guarda come sono bravo a scegliere il vino)
- una sensazione di benessere
Da qui, mi è sembrato interessante sviluppare il ragionamento indagando come mutano, anche profondamente, modalità, motivazioni ed esperienze d’acquisto, se declinate su differenti canali di vendita.
Nello specifico parleremo di:
- supermercato
- enoteca
- cantina
- e-commerce
Le domande alle quali cercherò di dare delle possibili risposte sono dunque le seguenti:
Cosa stai veramente vendendo a una persona che acquista il tuo vino su differenti canali? Cosa cambia tra supermercato, enoteca, cantina e online?
Immaginiamo dunque di seguire alcuni ideali consumatori di vino, che possono essere anche molto differenti per gusti, stile di vita ed esigenze ma che in molti casi possono essere la stessa identica persona, nel loro processo di acquisto, dal bisogno al consumo.
Vediamo cosa acquistano veramente e come il digitale li accompagna praticamente sempre e ovunque.
Supermercato
Chi acquista il vino X al supermercato cerca tendenzialmente la convenienza, il prezzo e l’offerta.
Ha bisogno di far scorta per la settimana o di un omaggio spensierato per una cena tra amici, e ha bisogno di ottimizzare i tempi, perché al supermercato il vino è solo uno dei beni che si possono acquistare.
Tendenzialmente è un consumatore di vino o non troppo esigente o occasionale, non un fervido appassionato, non un “intenditore”, non un enostrippato.
Ecco che chi acquista al supermercato è forse il meno interessante lato branding ma certamente il più “puro”, quello con meno aspettative e al tempo stesso meno sovrastrutture.
Vuole del vino, vuole spendere il giusto secondo i suoi personali canoni, vuole accompagnare il pasto concentrandosi su tutto tranne che sul vino, vuole al massimo fare bella figura, acquistando magari dallo scaffale dei vini più cari, con un consumatore simile a lui.
Al supermercato vendi il tuo vino, senza pensieri, senza attese particolari, senza inutili sovrastrutture concettuali o narrative. Punto.
Enoteca
Chi si reca in enoteca fa un passetto in più rispetto al comodo (per modo di dire) ed economico ecosistema del supermercato vicino a casa.
Chi acquista il vino X in enoteca sta cercando qualcosa di più del semplice liquido contenuto nella bottiglia. Inizia a cercare una sorta di tacita investitura che lo distingua dal semplice bevitore, insieme a una riprova del suo impegno e della sua conoscenza vinicola, da parte di chi berrà il vino in sua compagnia.
Il valore intrinseco della stessa bottiglia aumenta, perché per lei il nostro eroe si è recato in un luogo dedicato, in un piccolo tempio, dove esperti consulenti possono aiutarlo a capire cosa vuole o fornirgli i giusti consigli o la proposta corretta, nel caso in cui sappia già perfettamente cosa vuole.
Certo poi c’è enoteca ed enoteca. C’è il franchising o i punti vendita di grossi gruppi e c’è l’enoteca del quartiere, del paese, del centro storico, quella più intima, quella più “autentica”, che propone una selezione di etichette ragionata in base ai gusti e alla personalità di chi la gestisce.
Anche in base a questa ulteriore suddivisione l’esperienza cambia, non tantissimo ma cambia.
Generalizzando, possiamo comunque affermare che il nostro eroe in questi luoghi cerca l’etichetta, la bottiglia, la denominazione, il territorio, il vitigno.
Non solo un contenuto, bensì qualcosa da consumare sapendo cosa sta consumando, da condividere con chi ama, da portare con orgoglio a casa di amici.
In enoteca vendi qualcosa di cui discutere, una piccola storia da raccontare, la forza della riprova sociale. Inizi a vendere una piccola ma precisa esperienza.
Cantina
Chi si prende la briga di muoversi da casa per raggiungere un’azienda vinicola sul territorio, o in luoghi più o meno remoti del globo, è indubbiamente a un livello successivo di consapevolezza vinicola.
Possiede gli insani tratti dell’enolover, dell’enoturista, dell’enostrippato, quello che dove c’è vino parla di vino, e quando non c’è vino parla di come sarebbe bello se ci fosse del vino.
Il nostro eroe “enoqualcosa”, quando acquista il vino X recandosi nell’azienda di produzione, vuole inequivocabilmente acquistare un’esperienza e sta lavorando alla costruzione della versione migliore di se stesso.
Perché lui non è uno di quelli che ingrassano le tasche già piene della grande distribuzione, lui cerca il prodotto tipico, promuove il territorio, valorizza il vignaiolo. Vuole portarsi a casa un simbolo da mostrare al suo ego e al gruppo di malati che condivide il suo morbo enoico.
[Eccomi, sono io, faccio outing, tanto già lo sapevate. Non salvatemi però, sto tanto bene così]
In cantina, a casa tua, vendi un’esperienza, vendi la tua filosofia, il tuo progetto, la tua storia e il tuo futuro, vendi il tuo brand. E anche qualche bottiglia se sei fortunato.
E-commerce
Abbiamo raggiunto il canale più complesso e più sfumato di tutti. Quello dove i confini sono meno netti, le opportunità smisurate tanto quanto le motivazioni all’acquisto.
Sugli wine shop online i consumatori cercano molte delle cose che abbiamo trovato nei precedenti canali, come la comodità, il prezzo, l’etichetta, la selezione, e certamente l’esperienza del consumo e della condivisione (sacrificando per altri vantaggi la parte esperienziale precedente, quella dell’acquisto).
Il vino X passa dall’e-commerce se è già noto, se è in offerta o se traguardo di una ricerca consapevole.
Ma c’è un’altra cosa che gli acquirenti di vino online cercano, ed è la scelta. Dimostrazione ne è il successo di e-commerce come Tannico, Callmewine o Vino75, che oltre a una selezione ragionata, propongono anche una vastissima e aggiornata scelta di etichette (il reparto online di un supermercato molto ben fornito).
Online vendi la comodità della consegna a casa, il risparmio di tempo, il servizio, la promozione e l’ingresso nella grande famiglia dei consumatori digitali e digitalizzati (smart per definizione).
Digitale sempre e comunque
Mentre acquistiamo, su ciascuno di questi differenti canali, il digitale ci accompagna in maniera costante e trasversale.
Ogni volta che cerchiamo delle offerte in rete, ogni volta che visitiamo il sito web di un’azienda in cerca di informazioni, ogni volta che apriamo una mappa per scoprire i percorsi enogastronomici che ci interessano, ogni volta che postiamo, tagghiamo, condividiamo e scriviamo sui social, ogni volta che acquistiamo online, ogni volta che fotografiamo un’etichetta, ogni volta, sempre e ovunque, continuativamente.
Ora che sai cosa veramente stai vendendo a chi sceglie il tuo vino, ora che sai che si tratta di un utente connesso, ora che sai che in alcuni casi si può trattare della stessa persona mentre in altri di persone anche molto diverse per gusti, abitudini, condizione sociale e potere d’acquisto, ora che sai che vendi cose diverse anche se sulla tavola di chi compra arriva lo stesso vino, ora che sai tutto questo, sai anche che con ciascuna di queste persone, nei diversi canali di contatto dove puoi raggiungerli (online o offline), dovrai avere la capacità di parlare lingue diverse, proponendo contenuti differenti, pur trasmettendo sempre e comunque i tuoi imprescindibili e fondanti valori individuali.
E buon lavoro.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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