Un articolo su napavalleyregister.com fornisce un’interessante visione del rapporto tra aziende del vino californiane e mondo digital. Vediamo come sono messi oltreoceano.
Premessa concettuale
L’industria vitivinicola italiana e quella californiana sono molto differenti l’una dall’altra. Che te lo dico a fare.
Le diversità rappresentano sempre e comunque una ricchezza, e forti di questa consapevolezza credo sia anche giunto il momento di smetterla di guardare oltreoceano (così come spesso ci capita di guardare, per altre ragioni, alla Francia) con l’occhio di chi copia il compito dal compagno secchione, invece di comprendere e interpretare diverse dinamiche, esigenze, strumenti e tradizioni secondo la nostra personale prospettiva.
Fatto salvo che tutti dobbiamo fare i conti con l’epoca nella quale viviamo, è più che corretto che ognuno trovi la propria strada e la propria declinazione di brand e di mercato, basandosi su storia e tradizioni proprie.
Detto questo, entriamo nel merito del nostro contenuto.
Il futuro delle aziende vinicole in Napa Valley
Paul Mabray, CEO della società di ricerche di mercato Emetry.io, ha dichiarato al recente convegno “Napa Valley Grapegrowers”, che non ritiene che le aziende del vino di Napa siano pronte ad affrontare il futuro digitale. BOOOM!
Già qui ci sarebbe da allarmarsi, in nome del fatto che se non sono pronte in California non oso immaginare come il buon Paul giudicherebbe le nostre realtà nazionali, spesso ingessate e arretrate nel processo di digitalizzazione.
Riassumo di seguito i punti salienti dell’argomentazione di Paul Mabray.
Culturalmente e tradizionalmente, il modello di business dell’industria vinicola californiana è principalmente basato sulle visite in cantina e sulle vendite in sala di degustazione.
Questo modello è ovviamente limitato e limitante agli occhi di chi interpreta il mercato con lo sguardo rivolto al futuro. La visita e la sala, in un mondo globale, ci stanno stretti, quasi inutile precisarlo.
Secondo Mabray, l’unico modo che le aziende di Napa hanno per affrontare il domani, è quello di intraprendere un percorso per certi versi opposto a quello comunemente diffuso, ovvero portare i loro vini nelle case degli appassionati, uscendo dai limiti, non solo fisici, della sala di degustazione.
“We need to get out of the tasting room. We need to touch consumers when they’re at home.” – Paul Mabray
Mabray, nel suo intervento, evidenzia inoltre una tendenza piuttosto curiosa, riportata nel recente rapporto “State of the Wine of Silicon Valley“.
In Napa si registra un calo annuale dei visitatori nelle sale di degustazione per singola cantina, nonostante il turismo sia in aumento. Come ci spieghiamo questo fenomeno?
Gli enoturisti in Napa sembrano visitare meno cantine rispetto al passato, soggiornando per periodi di tempo più lunghi, e distribuendo la spesa in maniera più allargata, aprendo il portafogli per ristoranti, hotel e altri aspetti legati all’enoturismo.
Questo per Maubray rappresenta la riprova che il modello consolidato di business è da ridefinire e ampliare, sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, le uniche capaci di abbattere i confini fisici e raggiungere i consumatori ovunque essi si trovino.
Anche il pubblico sta cambiando
La percentuale di consumatori realmente interessata al vino, non solo vagamente curiosa, non è elevatissima, cosa che comporta alcuni problemi ad aziende come quelle di Napa, con prezzi medi per bottiglia piuttosto elevati.
I Baby Boomer, che conoscono, spendono e rappresentano ancora la maggioranza fedele degli acquirenti di vino, si stanno avvicinando alla pensione e stanno progressivamente abbassando il loro livello di spesa.
In sostituzione stanno arrivando i Millennial, che però hanno un potere d’acquisto inferiore e non si stanno ancora rivelando interessanti e interessati al vino quanto la precedente generazione.
Una via d’uscita
A questo punto per Maubray il panorama è chiaro, e una possibile soluzione è offerta dal marketing digitale e dalle nuove tecnologie capaci di raggiungere e coinvolgere con contenuti differenziati e pertinenti i consumatori ovunque essi siano, nei momenti giusti e su piattaforme e canali differenti in base alle specifiche esigenze.
A titolo di esempio Maubray cita 3 realtà vinicole di Napa che reputa virtuose in questo senso:
Le tre realtà elencate investono in tecnologia, presidiano i canali social con continuità e costanza, sfruttano al meglio gli strumenti digitali per comunicare e vendere il proprio vino. Rappresentano dunque un modello da osservare, comprendere e assimilare.
Dai pure un occhio a queste aziende, in un prossimo post potrei entrare nel merito di cosa e come fanno.
Un aneddoto educativo
Un passaggio che ho trovato interessante del resoconto del convegno californiano, riguarda un aneddoto particolarmente significativo di una tendenza universale, non solo di Napa.
Un vignaiolo scettico ha esposto a Maubray il dubbio legato alla possibilità che un approccio più “moderno” e “markettaro”, possa in qualche modo sminuire il lavoro di chi opera, in vigna e in cantina, in nome della qualità, dell’etica e, se volgiamo azzardare, di un’idea di purezza.
Maubray ha calato un asso quando, in risposta, ha chiesto alla platea di coltivatori chi tra di loro pensasse di produrre il vino migliore.
Ecco che ci si trova di fronte, inesorabilmente, allo scollamento percettivo spesso esistente tra chi produce e chi acquista.
Per ogni vigliaiolo del mondo il proprio vino è il migliore, per il consumatore non può ovviamente essere così. Ecco perché risulta oggi importante arricchire l’esperienza dell’enoappassionato con contenuti altri oltre alla qualità del vino.
La qualità resta la base imprescindibile, l’eccellenza un obiettivo a cui mirare, digitale e tecnologia strumenti per offrire qualcosa in più a livello esperienziale, narrativo, commerciale.
I dati, uniti alla cultura digitale e alla padronanza degli strumenti, possono aiutare le aziende del vino a dialogare con i propri consumatori in maniera più diffusa e più dinamica.
Cosa possiamo imparare
Ho più volte, in post differenti, cercato di fotografare il livello di digitalizzazione delle aziende vinicole italiane.
In questa sede voglio solo aggiungere alcune considerazioni in base a quanto sino ad ora scoperto in relazione alle aziende vinicole di Napa Valley.
Per prima cosa la storiella appena raccontata ci dimostra che, per certi aspetti, tutto il mondo del vino è paese. Non so se sia confortante o meno ma è così.
Detto questo ci accorgiamo che il digitale, in Italia così come in Napa, è adottato in maniera diffusa e consapevole da pochi eletti illuminati che ne hanno compreso il valore e le opportunità, mentre gli altri stanno a guardare, provano, arrancano, nella migliore delle ipotesi scopiazzano.
Osservare il panorama californiano e riflettere su queste dinamiche ci aiuta a capire quanto spazio ancora ci sia per fare le cose per bene, per trovare una personale via digitale ai propri contenuti e ai propri valori.
Non rilassarti troppo però. C’è ancora spazio ma sempre meno tempo, perché la tecnologia vola, le piattaforme evolvono e il pubblico inevitabilmente si rinnova.
Fonte: napavalleyregister.com
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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