Sono da qualche giorno in ascolto su Clubhouse. Mi sto prendendo il tempo necessario a comprenderlo, nei limiti in cui si possa comprendere un social neonato e in evoluzione.
Il punto di forza di questa nuova app risiede nel dialogo, nella comunicazione vocale da N a N, come in una videoconferenza ma senza video. Le persone si incontrano in stanze dedicate a un tema e discutono di quel tema o ascoltano chi di questo tema discute.
La logica funzionale riprende e amplifica dunque una tendenza favorita dall’emergenza sanitaria che ci accompagna ormai da un anno, con il successo forzato dei vari applicativi di video conference come Zoom, Teams, etc, pensati per un mondo business, spostandone però il piano su una dimensione più consumer, più personale, più social.
Al momento su Clubhouse ci sono davvero pochi limiti, nessuna differita nella fruizione del contenuto, tutto real time, qualità medio alta, presenza spinta e ovvia di operatori del settore comunicazione e marketing.
Ciò premesso, sto cercando di farmi un’idea del nuovo ambiente, ma non prima di aver ascoltato l’impressione degli altri, che mi è capitato di intercettare in questi giorni di fruizione.
Democratico?
Democratico è l’aggettivo che ho sentito più volte ripetere come elemento caratterizzante del nuovo social, che raccoglie però al momento ancora pochi utenti.
Un paradiso quindi. Ma per quanto tempo ancora? Perché dobbiamo pur sempre comprendere che tutto questo potrebbe mutare in rapporto a due fattori:
- eventuali evoluzioni funzionali dell’app
- il crescere smisurato degli utenti iscritti
Come ci ricorda Hegel (lo scomodiamo per frivole faccende social) quando un fenomeno cresce nell’ordine della quantità, e supera una certa soglia, si produce anche una variazione del suo aspetto qualitativo.
10 auto in una strada sono un numero, una quantità, 10.000 sono traffico, e incidono sulla qualità dell’esperienza di viaggio. Se bevo 2 bicchieri di vino sono una persona che ha bevuto 2 bicchieri di vino, se bevo 3 bottiglie sono un alcolizzato.
Declinando il concetto su Clubhouse possiamo quindi affermare che 10 persone in una Room fanno una conversazione, 200 creano una gerarchia partecipativa che deve essere forzatamente regolata e che, per definizione, abbassa il livello democratico dell’ambiente.
In altre parole non sempre si ha la garanzia di partecipare, ci si deve mettere in fila e l’ascolto predomina sul parlato.
Ovviamente questo è un aspetto sul quale il social potrebbe decidere di intervenire, effettuando scelte funzionali che cambierebbero questo panorama ma che per noi oggi sono solo pure ipotesi.
Prima di chiederci se e come Clubhouse può essere utile al mondo del vino, precisiamo ancora qualche punto:
- siamo sempre e comunque in casa d’altri, cosa che ci obbliga a ridefinire i nostri contenuti in relazione al contesto specifico nel quale ci troviamo, in questo caso la voce e la nostra presenza “qui e ora”
- la moneta corrente è l’attenzione, chi ce l’ha è re e chi ascolta deve abituarsi a mantenerla per un lasso di tempo a volte considerevole e senza possibilità di mettere in pausa il contenuto
E il mondo vino quindi?
Premesso che è comunque troppo presto sia per dare consigli, sia per immaginare scenari, possiamo tentare qualche riflessione per il mondo del vino
- parlare per parlare ha poco senso lato business, qui serve discutere, cosa che ci porta a considerare aspetti come la pianificazione, la scelta di un argomento molto specifico, la stesure di regole di partecipazione, la presenza di una regia (garantita dal/dai moderatore/i) e la durata definita con interventi il più possibile regolamentati
- comunicare il vino è un concetto fin troppo ampio, servirà capire quali attori della filiera enoica potranno ottenere i risultati migliori tra produttori, comunicatori, distributori, ma anche ristoratori, etc
- l’app offre la possibilità di calendarizzare le Room a tema, cosa che apre a concetti già noti, ma possibili di migliorie, come le rubriche, le storie a puntate, gli approfondimenti cadenzati, etc
- la narrazione, se non vi piace lo storytelling, diventa la modalità principe di espressione del contenuto
- la sfida più ardua è forse quella di valorizzare al massimo i contenuti di un settore che vive molto di immagini (dall’etichetta al volto dei produttori, dai paesaggi enoici ai dettagli di un particolare sistema di allevamento)
Ma non era mia intenzione dilungarmi troppo, anche perché ho fatto la fatica di registrare un podcast di ben 17 minuti sul tema. Eccolo qui sotto, fammi sapere che ne pensi.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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