Buona parte della comunicazione digitale del vino oggi non è personale, bensì generalista e, in quanto generalista, uniforme e piatta.
Ho già espresso più volte questo concetto, in forme e con focus differenti, e soprattutto in uno degli ultimi post sull’appiattimento della comunicazione del vino, analizzavo Instagram e offrivo una idelae via di fuga.
Oggi vorrei concentrarmi su un ulteriore aspetto collegato a questa spinosa questione, con l’intento di trovare una nuova soluzione, che trovo essere complementare a quella proposta nel precedente post sopra linkato.
Premessa
Quando parlo di comunicazione digitale mi riferisco al panorama generale composto da siti web, blog aziendali e social network.
L’appiattimento dei messaggi e delle modalità di esposizione degli stessi è allargato e diffuso, sia che si tratti di contenuti prodotti dalle aziende vinicole stesse, sia che si tratti di contenuti generati dal pubblico di winelover che comunica il vino tramite post, stories, dirette o altro.
Il vino oggi lo raccontano tutti e, tranne rari e luminosi casi, tutti lo raccontano nello stesso modo.
La principale conseguenza negativa di questo approccio è che la rete e i social si affollano di immagini tutte uguali, di narrazioni scontate, di descrizioni sensoriali applicabili indistintamente a decine di vini diversi.
In particolare riferimento ad alcune forme di comunicazione digitale specifiche, sto pensando ad esempio a Instagram, è sempre più difficile distinguere la comunicazione di un’azienda rispetto a un’altra o di un eno appassionato rispetto a un altro.
Un esempio
Metti una cena o un evento in cantina. Metti 10 invitati, ognuno con uno smartphone e con un account Instagram. Metti che l’azienda vinicola che promuove l’evento lo faccia per presentare un vino lodandone le capacità di invecchiamento, con l’obiettivo di riposizionarne la percezione nei confronti del consumatore.
Ecco che tutte, o quasi tutte, le persone presenti pubblicheranno immagini o stories incredibilmente simili, descrivendo l’esperienza vissuta e il vino in maniera quasi corale e, ovviamente, lodandone le inaspettate capacità di invecchiamento (perché non è carino venire invitati a casa d’altri e iniziare a criticare l’arredamento).
Fatti salvi punti di ripresa leggermente differenti e una diversa costruzione delle frasi, i contenuti tendono fisiologicamente ad assomigliarsi molto, forse troppo.
L’azienda ha comunque raggiunto un obiettivo, ha diffuso il messaggio che voleva. Le persone hanno condiviso. Tutto è a posto, o almeno così pare.
In questo modo si è però promossa e perpetrata la logica dello stesso messaggio, tendenzialmente nello stesso formato e con lo stesso tono, sullo stesso canale.
È come osservare il medesimo programma diffuso su reti diverse, una sorta di euro o mondo visione social. Che lo spettatore scelga di sintonizzarsi su una canale piuttosto che su un altro, poco cambia.
Social e non solo
Lo stesso problema esiste lato aziende del vino, abituate a produrre contenuti per riempire le pagine dei propri siti e non per creare quel valore che potrebbe fare la differenza. Si ragiona in termini di ingombri, non di concetti.
Si impostano siti web con spazi dedicati al testo e chi sviluppa dice all’azienda che serve un testo di mille caratteri sulla filosofia aziendale.
Procedendo in questo modo si svolgono sterili compitini, non si crea un concreto e auspicato valore aggiunto (non sia mai che qualcuno si metta a leggere).
Lo stesso avviene nei social, territorio in cui è ormai una norma seguire le tendenze e “copiare” quello che “funziona”.
In questo modo anche le aziende finiscono per produrre contenuti partendo dalle oscillazioni e dalle scelte del canale e non dai propri obiettivi.
Ci troviamo così ad osservare stories fatte tanto per fare, dirette insensate, immagini tutte uguali di bottiglie, calici e vigne.
Un tempo esisteva il copia incolla dei contenuti in rete. Esiste ancora ovviamente, ma diciamo che chi rinnova un sito oggi o decide di aprire un blog, pone un’attenzione maggiore rispetto un tempo all’originalità dei contenuti.
Ancor oggi però si incontrano descrizioni di aziende vinicole che non trasmettono proprio nulla di realmente identitario o originale.
Pensiamo anche al fatto che essere sollecitati da immagini e contenuti sempre uguali non aiuta certo la nostra fantasia a fare un passo in direzioni diverse. L’allineamento è sempre una brutta cosa e genera mostri (mostri tutti uguali tra l’altro).
Il problema è anche in parte legato al mezzo.
È infatti più difficile essere originali se si hanno a disposizione un’immagine e poche righe di testo, mentre tendenzialmente lo spazio più allargato di un blog può offrirti l’opportunità di sbrodolare e sproloquiare con una certa dose di libertà (io ne so qualcosa).
Il piede franco della comunicazione digitale del vino
Quando però si riesce ad avere di fronte il volto del produttore con le sue parole, tutto cambia.
Che sia intervistato da qualcuno o che decida in autonomia di comunicare con il proprio pubblico social, quando il titolare o referente di un’azienda vinicola parla, ogni contenuti diventa unico e originale.
Perché per fortuna le singole storie, le sfumature di approccio, le idee di vino, il tono di una voce reale, i gesti e il linguaggio non verbale, non sono replicabili.
Ecco perché penso sia di fondamentale importanza che tu impari a comunicare te stesso, o che lavori per far sì che chi incontri sul tuo cammino digitale si faccia reale portavoce della tua storia e non mero megafono di concetti astratti applicabili a te come a mille altri vini.
Un approccio del genere si applica molto bene ai canali social e meno ai contenuti di un sito web o di un blog, che necessitano anche di competenze di comunicazione e copywriting che raramente si trovano in azienda.
Con questo non intendo certo negare l’importanza strategica di una consulenza di marketing digitale, fondamentale anche per capire come comunicare in maniera efficace sui social.
Tutto ciò chiarito, e giusto perché non sembri che promuovo un cieco “fai da te” vanificando totalmente l’importanza di figure professionali come la mia, rimane il fatto che la voce e la storia dell’azienda, raccontata dall’azienda, restano insostituibili.
Ecco perché, se non si hanno le risorse necessarie a inventare nuove strade, la soluzione si può trovare nell’individualità più autentica, in quelle storie che non sono replicabili perché non appartengono a categorie, etichette o trend, bensì al singolo individuo.
Per approfondire, leggi anche il mio post sull’importanza di investire in persone e formazione.
Chiudo
Capita a volte che amici vignaioli mi inviino privatamente riflessioni, immagini, video, circa il loro lavoro in vigna o in cantina.
Ogni volta che succede mi domando perché contenuti come questi, che sono i più genuini e preziosi, rimangano a volte segregati nell’ambiente chiuso delle comunicazioni private, invece di essere esposti con orgoglio sui canali di comunicazione pubblici. Forse paura, forse timidezza, forse… chi lo sa.
Racconta te stesso, e tramite te stesso potrai finalmente raccontare il tuo vino in maniera davvero unica.
Perché la tua voce è il piede franco della tua comunicazione digitale.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
4 Responses
Come tua consuetudini, anche questo articolo lo trovo davvero interessante e pieno di spunti. Buon lavoro
Grazie come sempre Alessandro!
Buonasera Marco, ho letto con grande curiosità questa frase “Il vino oggi lo raccontano tutti e, tranne rari e luminosi casi, tutti lo raccontano nello stesso modo“. Posso chiederle uno o due link “luminosi? Mi piace questo mondo e mi piace leggere il contenuto di persone intelligenti e dotate di una visione più ampia, come nel suo caso. Grazie Simone
Prima di tutto ti ringrazio per le belle parole. Indicare esplicitamente è sempre delicato perché potrebbe sembrare che segnalando dei nomi se ne escludano altri. Ovviamente non è così. In ogni caso, fatta questa doverosa premessa, osservando da vicino l’attività comunicativa di aziende, blogger e influencer, posso indicare come a mio avviso originali e di valore le comunicazioni dei ragazzi di Not Just Wine in Instagram (soprattutto nelle stories) o di “inflluencer più piccoli” come Gianluca Oberoffer ad esempio. Lato aziende, ho intervistato in questo blog due vignaioli che hanno fatto della comunicazione di loro stessi e delle loro idee di vino, un loro punto di forza, mi riferisco a Marilena Barbera e Gianluca Morino. Ci sono poi davvero tanti “piccoli” che si discostano dal coro dei contenuti copia incolla, sia lato cantine sia lato comunicatori. Magari in privato ci scambieremo i rispettivi pareri. A presto.