Il 26 e il 27 novembre ho avuto il piacere di partecipare a wine2wine, il forum italiano sull’industria del vino organizzato da Veronafiere e Vinitaly.
Tra i vari incontri e dibattiti proposti, ho ascoltato con particolare attenzione le suggestioni di Lorenzo Montagna nel suo intervento intitolato: “AR you VReady? Realtà Aumentata e Realtà Virtuale forniranno nuove opportunità per il settore vinicolo. Sei pronto a vivere questa nuova esperienza?”
L’interesse per queste tecnologie è pari solo alla curiosità riguardo le loro reali applicazioni, soprattutto in relazione a un ambito frastagliato come quello del vino.
Prima di raccontarti perché non sono affatto convinto che queste tecnologie, nel breve periodo, possano offrire particolari vantaggi alle aziende del vino italiane, faccio un passo indietro e ti spiego, spero in maniera semplice e comprensibile (e con degli esempi legati al mondo del vino), la differenza tra realtà aumentata e realtà virtuale.
Cosa è la realtà aumentata
Si tratta di una tecnologia che, tramite appositi software e dispositivi, aggiunge dei contenuti digitali alla realtà che ci circonda.
Come dice il termine vi è quindi un “aumento” rispetto ai dati e alle informazioni che esistono nella nostra realtà, così da arricchirla e potenziarla con contenuti specifici. La base esperienziale resta comunque la realtà che conosciamo.
Alcuni esempi:
- le applicazioni per smartphone che ti permettono, inquadrando un oggetto con la fotocamera, di veder comparire informazioni descrittive o narrative riguardanti l’oggetto stesso
- i visori appositamente progettati per proiettare davanti al nostro campo visivo contenuti ludici, informativi o utili a svolgere determinate attività o lavori altamente specializzati (impostazione e manutenzione di attrezzature tecniche, tutorial di chirurgia o altro)
- i giochi per smartphone come Pokemon Go, che fanno comparire i diversi pokemon sul divano di casa nostra nel momento in cui ne osserviamo la scena per mezzo della fotocamera del nostro cellulare
- alcune funzionalità di applicazioni come Snapchat, che aggiungono lingua e orecchie di cane ai nostri video selfie
Cosa è la realtà virtuale
Diversa è la realtà virtuale, che sostituisce in toto (tramite appositi visori) la realtà che ci circonda con una completamente diversa. L’esperienza è quindi immersiva (visiva, auditiva e parzialmente interattiva se dotata di controller). La realtà che conosciamo non esiste più.
Queste esperienze avvengono oggi grazie a visori che, una volta indossati, occupano l’intero campo visivo della persona che li indossa, come ad esempio Oculus, per citare il più noto attualmente in commercio.
Alcuni esempi:
- le esperienze fruibili da visori di realtà virtuale che, dal cinema, all’intrattenimento, dall’automotive al turismo, ci immergono e ci trasportano in un ambiente altro rispetto a quello in cui ci troviamo
- le console per videogame che utilizzano visori per immergere la persona nella finzione del gioco
Ma torniamo “con i piedi per terra” e vediamo alcune applicazioni di realtà aumentata e virtuale nel mondo vino.
Realtà aumentata e vino
Tempo fa ha fatto piuttosto discutere l’applicazione commissionata dall’azienda vinicola australiana Treasury Wine Estates, che faceva “parlare” le etichette dei loro vini, raccontando la storia di 19 criminali britannici condannati a vivere in Australia. Se la storiella ti interessa trovi tutto spiegato meglio in rete, io preferisco concentrarmi sugli aspetti tecnologico e comunicativo.
Al di là di quanto può avere senso o semplicemente piacere questo giochino, vi sono alcune importanti considerazioni da fare.
Per prima cosa qui stiamo parlando di un’applicazione realizzata appositamente, scaricabile dagli store Apple e Android, e che gli utenti devono necessariamente installarsi sui propri smartphone per poter vedere animati i criminali imprigionati nelle etichette dei vini.
Senza entrare nel merito dell’indubbio investimento economico che comporta la realizzazione di un’applicazione del genere (cosa che esclude circa il 90% delle aziende vinicole di casa nostra da soluzioni di questo tipo), ci sono almeno altri tre aspetti fondamentali da considerare:
- quanto serve investire per diffondere e promuove un’applicazione dedicata che, se nessuno conosce, diventa totalmente inutile
- quanto gli utenti saranno disposti a installare una nuova app di un singolo brand sul proprio smartphone
- al di là del giochino, qual è il reale e duraturo vantaggio per un utente che installa questa app
- una volta installata e provato il giochino, quanto tempo le persone la terranno prima di rimuoverla e dimenticarla
Certo queste riflessioni riguardano un caso specifico, ma sono certo che i dubbi espressi su costi, promozione e vantaggi di un’app proprietaria, siano applicabili alla maggior parte delle soluzioni possibili e immaginabili in un settore esperienziale come quello vinicolo.
Indubbiamente se Luxottica (multinazionale leader di un intero mercato), caso citato dall’intervento di Montagna, sviluppa una soluzione di realtà aumentata che tramite fotocamera frontale dello smartphone permette alle persone di provare virtualmente i differenti modelli di Ray-Ban, allora la cosa può essere interessante e utile in una logica esperienziale e di servizio.
A mio avviso l’app proprietaria, a meno che tu non sia Dom Perignon e non riesca a produrre una soluzione di realtà aumentata davvero utile, rinnovabile e di valore, non è una strada oggi percorribile per un’azienda del vino, soprattutto se parliamo di realtà medio piccole.
Forse se parliamo di consorzi o territori vinicoli complessi, allora le possibilità iniziano a farsi interessanti, ma anche qua i principali dubbi permangono.
Realtà virtuale e vino
Samsung e New Zealand Trade & Enterprise hanno realizzato, per alcuni buyer asiatici del settore food e wine, un viaggio virtuale alla scoperta dei vigneti della Nuova Zelanda.
Questa operazione è di gran lunga più interessante delle applicazioni di realtà aumentata che fino ad ora ho avuto modo di vedere nel mondo del vino.
Qui c’è una finalità ben chiara, un target preciso e uno sviluppo dell’idea coerente con una possibile esigenza di mercato.
Aziende vinicole strutturate o gruppi che possiedono tenute in differenti parti d’Italia potrebbero usare una tecnologia simile in fase di accoglienza visitatori, portando virtualmente le persone presenti su un territorio a scoprire in maniera immersiva anche gli altri.
La base esperienziale è un video girato con apposite apparecchiature. Il resto è demandato ai visori immersivi, che non fanno altro che proiettare sul campo visivo e auditivo delle persone, luoghi altri da quelli in cui si trovano.
Ecco che enoturismo, strade del vino e consorzi, se non addirittura aziende di certe dimensioni, possono arrivare a trovare uno scopo e un vantaggio nell’adozione di simili tecnologie, integrandole sempre e comunque con una materia concreta come quella del vino
Perché se è vero che un viaggio virtuale altrove può essere piacevole per qualche minuto, l’esperienza del calice o della visita in cantina non potrà mai essere totalmente virtuale.
Quali sono i miei dubbi
Credo si sia ampiamente intuito che il mio dubbio principale riguarda le reali utilità, adozione e applicabilità di queste tecnologie, oggi, in un settore vinicolo fatto di tanti piccoli e medi produttori.
Non nego le opportunità lato comunicativo delle tecnologie in sé, penso solo che investimenti e rese attuali non siano sostenibili e nemmeno interessanti, soprattutto in un ambito come quello del marketing e della comunicazione delle aziende del vino, fatto necessariamente di budget e di scelte.
Che piaccia o meno, che sia condiviso o meno, il livello di digitalizzazione delle imprese vinicole italiane rimane basso. Ritengo che, in una logica di adozione ed evoluzione digitale, realtà aumentata e virtuale rappresentino oggi il culmine di un percorso che dovrebbe aver visto prima consolidarsi sito web, conoscenza e scelta dei canali, e partecipazione alle conversazioni sociali digitali.
Capisco e condivo lo spirito e l’entusiasmo di Lorenzo Montagna, che ha portato all’attenzione di un’industria specifica un tema attuale e innovativo, e non è mia intenzione screditare i contenuti e le idee di uno dei massimi esperti in Italia sui temi realtà aumentata e virtuale.
Ritengo però che vi sia un certo scollamento tra disponibilità all’accoglienza e conoscenza del digitale e opportunità tecnologiche nel mondo vitivinicolo italiano, un mondo nel quale forse davvero solo un pugno di grandi aziende o di grossi gruppi possono concretamente e profittevolmente adottare queste soluzioni e avere la forza di promuoverle e mantenerle.
Non è mia intenzione chiudere questo post con una nota si sconforto e speranze lontane. Realtà aumentata e virtuale fanno già parte delle nostre vite, e lo faranno sempre di più (soprattutto la virtuale direi).
Sta a noi capire se queste opportunità ci attirano oggi perché sono nuove e “fanno scena” o perché possono davvero essere utili al nostro territorio e al nostro vino, integrandosi all’interno di una visione strategica spesso appannata, se non a volte del tutto assente.
Voi che fate vino, fatemi sapere cosa ne pensate.
Per chi volesse ecco qui il video completo dell’intervento di Lorenzo Montagna a wine2wine 2018.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
2 Responses
Ottimo articolo, contenuto davvero interessante!
Grazie mille!