È giunto il momento di fare un po’ di chiarezza su un tema molto discusso, spesso criticato, a volte rinnegato anche da chi ne fa parte, e che nasconde qualche scheletro nell’armadio di troppo.
Perché questo post
Tutto nasce da una serie di fatti, osservazioni e confronti che mi hanno fatto venir voglia di approfondire alcuni aspetti legati al fenomeno globale degli influencer e, nel nostro specifico, degli influencer del vino.
Credo sia passato ormai oltre un anno da quando ho visto girare, online e offline, le prime classifiche dei top wine influencer nel mondo. Classifiche diffuse in rete e su alcune testate che ho sempre ritenuto poco interessanti, che si riferivano quasi esclusivamente alla popolarità del canale Instagram, e che vedevano profili poco o per nulla noti affiancati a istituzioni come Wine Spectator o Jancis Robinson.
In poco, e grazie ad alcuni semplici approfondimenti tecnici e qualche chiacchierata con chi influencer lo è davvero, ho notato che i conti non tornavano, e che i numeri di alcuni di questi wine influencer erano palesemente dopati, se non del tutto fasulli.
Ho iniziato davvero ad allarmarmi quando ho visto crescere il fenomeno e ho osservato che autentici comunicatori del vino e wine influencer fasulli godevano della stessa fama e crescita, e che nessuno, nemmeno gli organi che pubblicavano classifiche basandosi unicamente sul numero di seguaci, sapevano o volevano riconoscere il buono dal cattivo.
Ma facciamo un passo indietro.
Chi sono gli wine influencer
Gli autentici influencer di tutti i settori, dalla moda (Ferragni insegna) al vino, sono spesso visti con eccessiva e malcelata diffidenza, in un misto di invidia, incomprensione e rabbia spesso assolutamente ingiustificate.
L’influencer ha un nome che non piace, che evoca brutte suggestioni, che odora di sfaccendato con lo smartphone che cerca una strada breve per un successo fatto di like e di regalie da parte di incaute aziende.
Il problema, come spesso accade, sta nella massa informe di chi in realtà è proprio come descritto qui sopra: perché imboccare la via dell’influencer è facile (mantenerla un po’ meno) se si è agevolati da un doping digitale fatto di bot e acquisto follower in Instagram, per concentrarci la piattaforma principe di generazione e diffusione di questi profili.
In mezzo a questa massa brillano alcuni professionisti seri. Il panorama è davvero sfaccettato e a tratti confuso: tra quelli che sì, magari qualche bot lo hanno pure usato ma ora dimostrano il loro valore con i contenuti e chi, più puro e immacolato, ha fatto tutto senza “aiutini”, costruendosi una reputazione in anni di gavetta.
Parlando di vino esiste un gruppo di persone (non li chiamo influencer perché se no mi scrivono insultandomi), che lavora bene e con costanza, e che giustamente non gradisce essere incasellato nell’etichetta che tanti di inutili ne comprende.
Potrei citare alcuni puristi del blog narrativo come Francesco Saverio Russo, alcuni più di nicchia sulle produzioni piccole e artigianali come ZombieWine o alcuni più giovani (non me ne voglia Saverio) rappresentanti della generazione Instagram come Emanuele Trono (Enoblogger) o i ragazzi di Cantina Social.
Persone che si espongono in maniera diretta e, soprattutto, che creano contenuti di qualità. Chi con le parole scritte, chi con immagini accuratamente lavorate, chi con dirette video, in italiano e in inglese, durante le quali racconta il vino italiano agli appassionati di casa nostra e di tutto il mondo (se ne ho citati solo alcuni è per stima e semplicità, tanti altri ce ne sono, impareremo tra poco come riconoscerli).
Gente che macina chilometri, racconta territori e denominazioni, si sbatte per cercare la luce e le parole giuste per trasmettere un’emozione, per accendere una curiosità e, nella migliore delle ipotesi, un desiderio in chi legge, osserva, ascolta.
Acquisto follower e bot, le debite differenze
Ho citato due pratiche di crescita in Instagram che sono certamente non ortodosse ma tra loro molto differenti, vediamo di fare le debite distinzioni.
Chi acquista pacchetti di follower a buon mercato acquista profili fasulli, creati ad hoc (non persone reali quindi), spesso provenienti da Paesi stranieri, che nulla portano se non la crescita del relativo contatore. Questo è il male assoluto e i profili che ne fanno uso andrebbero bannati senza passare dal via.
Chi fa uso di bot, pratica molto diffusa, ricorre a un acceleratore che non andrebbe idealmente usato ma che è in grado di favorire e mantenere una crescita di follower che naturalmente può rivelarsi molto ardua, lenta e faticosa.
Per chi non lo sapesse, in estrema sintesi, i bot sono dei software disponibili online, quasi tutti a pagamento (canone o altro) che, debitamente collegati a un profilo Instagram e configurati, possono svolgere in maniera automatizzata le seguenti azioni:
- follow
- unfollow
- like
- commenti custom
Nel caso di bot parliamo quindi di automazioni che attivano interazioni con profili reali, ma siccome gli strumenti si possono configurare da un livello soft (poche e controllate azioni mirate) a un livello spam (follow e unfollow quotidiani di centinaia di profili), qui entriamo in questioni di trasparenza e di etica.
L’importante per me è che la cosa si sappia, che sia dichiarato da parte dell’influencer, che sia trasparente, che sia verificabile. Perché solo se si conosce si può davvero giudicare e scegliere.
Ma qual è il problema, e perché la cosa dovrebbe interessare a te che fai vino?
Siccome non tutti hanno la possibilità di osservare un fenomeno così da vicino e farci una adeguata riflessione, è giusto che le aziende del vino, che fanno il vino di lavoro e non hanno tempo di cercare la verità dietro le luci lampeggianti della ribalta social, abbiano almeno alcune indicazioni e qualche strumento per verificare la bontà di un wine influencer in base a una serie di fattori.
Il problema reale nasce nel momento in cui le aziende del vino decidono di affidare parte della loro comunicazione digitale a un falso wine inflluencer o propongono collaborazioni a individui dal dubbio valore, mossi dalla superficialità e dalla non conoscenza, offrendo loro così maggior credito e favorendo un circolo vizioso difficile da interrompere.
Ecco cosa può accadere di male affidandosi a wine influencer di scarso o nullo valore:
- dispersione del budget aziendale perché il pubblico di riferimento di un influencer fasullo è scarsamente qualitativo o per nulla interessato allo specifico prodotto vino
- ricadute negative sulla reputazione di un brand che associa il suo nome a personaggi poco seri
- rischio di penalizzazioni del profilo e perdita della base utenti aziendale nel momento in cui un wine influencer, avvezzo a certe pratiche, le applica anche ai profili delle aziende clienti, peggio ancora se lo fa senza che queste ne siano a conoscenza
Serve ancora una volta etica e trasparenza. Un’azienda del vino può anche decidere di affidarsi a qualcuno che attiverà automatismi sul proprio profilo Intagram, ma deve saperlo, deve conoscere nel dettaglio l’impostazione dei bot attivati e deve essere al corrente delle possibili conseguenze negative.
L’influencer che ricorre a trucchi eccessivi, a bot incontrollati e non dichiarati, fa male prima di tutto alle aziende del vino che gli si affidano, in secondo luogo all’intera categoria dei comunicatori digitali del vino, e infine anche a se stesso, perché la reputazione online è cosa fragile e mutevole.
Instagram promette da tempo tutta una serie di ripercussioni sui profili di chi fa ricorso sfrenato a trucchi e bot per aumentare seguito e engagement. Fino ad ora si sono visti solo casi di penalizzazione sporadici e a macchia di leopardo. Nell’attesa che l’app si decida definitivamente a penalizzare chi se lo merita, tocca a noi attivare il nostro senso critico e affidarci ad alcuni strumenti online che possono aiutarci a comprendere se l’attività o il seguito di un influencer sono naturali e di valore o dopati.
Ma come può un’azienda distinguere chi brilla sempre da chi brilla solo in apparenza? Chi può davvero offrire un valore aggiunto alla cantina e chi solo un simulacro di notorietà fatta di like e di commenti fasulli?
Alcuni consigli per dubitare
In un mio precedente post sulla lotta ai profili fake di Instagram, avevo già indicato alcuni accorgimenti basilari per sospettare della bontà di un profilo Instagram. Ripropongo qui, riassunti e snelliti, un paio di consigli prima di passare a presentarti 3 tool online che ti saranno davvero molto utili.
- Se un instagrammer, non essendo una celebrità già affermata, conta poche fotografie e decine se non centinaia di migliaia di follower in Instagram, potrebbe esserci stato un acquisto di qualche pacchetto di seguaci fasulli
- Se un profilo è molto seguito su Instagram ma straordinariamente meno su altri canali attivi (scenario tipico con decine di migliaia in Instagram e poche centinaia su Facebook o Twitter) c’è qualcosa che non va. La popolarità vera si distribuisce in maniera piuttosto uniforme, anche solo per traino delle stesse persone che sono presenti su più canali. Può risultare sospetto il fatto che il tal influencer abbia numeri mostruosi su un canale e appena sufficienti su altri, ma nel caso di acquisto follower su Instagram la spiegazione e abbastanza semplice, si tratta di profili fake di persone che non esistono, e anche con follower guadagnati da uso di bot si incorre in un problema simile
Alcuni strumenti per verificare
Ecco quindi tre strumenti gratuiti online di analisi dei profili Instagram. Vediamo cosa fanno e come interpretarne al meglio i dati che ci offrono.
Nota: tutti e tre gli strumenti sotto elencati funzionano più o meno nella stessa maniera, ti registri (a volte anche no), inserisci in un campo il nome utente Instagram della persona che vuoi analizzare, clicchi e compaiono una serie di dati e informazioni. Aggiungo infine che questi tool hanno spesso vite brevi e frastagliate, cambiano o possono scomparire in base agli aggiornamenti della piattaforma Instagram con le sue regole e le sue politiche, quindi oggi ci sono e sono questi, domani chissà.
Ninjalitics
Questo è lo strumento che attualmente uso più spesso per analizzare attività e andamento di un influencer in Instagram.
Il tool è gratuito e non serve registrazione, è sufficiente inserire uno username Instagram nell’apposito campo per scoprire:
- info generali come numero di follower, di following, post, media dei commenti e dei like a post
- un punteggio di engagement dato dalla media dei like e dei commenti degli ultimi 12 post (escluso il più recente) diviso il numero totale dei follower
- il trend di crescita del profilo
- le variazioni di crescita giornaliera
- i post migliori tra gli ultimi 12
- gli hashtag più frequentemente utilizzati dall’influencer
- una tabella di analisi dettagliata dell’andamento dei follower e dei following, che può essere davvero utile per capire se sono attive strategie di bot o automazioni follow/unfollow
- gli ultimi 12 post pubblicati
I due dati più interessanti da osservare sono l’andamento generale di crescita e la tabella di dettaglio, vediamoli più da vicino.
Ecco di seguito la crescita profilo di un wine influencer che ha avuto qualche problema. Crescita costante fino a oltre 100.000 follower e poi un crollo con perdita di circa 10.000 seguaci nell’arco di qualche settimana. Qui è evidente la presenza di attività poco lecite come bot.
Quanto sopra ipotizzato è confermato dalla tabella di dettaglio dell’andamento follower following. Come noterai esiste uno schema ricorrente nella colonna New Following, colonna che rappresenta gli account che si seguono (+) o che si smettono di seguire (-) giorno per giorno. Uno schema predefinito e automatizzato che consiste nel seguire per qualche giorno un numero quotidiano di circa 500 nuovi profili, per poi passare, nei giorni seguenti a smettere di seguire altri 500 profili circa. E così via.
Ora, da qui le sfumature sono molte, quelle di chi svolge un’attività evidentemente naturale, seguendo qualche nuovo profilo ogni giorno e smettendone di seguire qualcuno ogni tanto, e quelle di chi fa uso discreto di bot, impostati e settati in una maniera definibile soft, senza esagerare e senza abusarne, dimostrando poi il suo valore nei contenuti prodotti e nell’attività quotidiana. Direi che quasi tutti gli wine influencer rientrano in questa seconda categoria, mentre i puristi sono davvero pochi.
HypeAuditor
Questo era uno dei miei tool preferiti ma ultimamente sembra avere qualche problema tecnico e non sempre è raggiungibile. Spero riesca a riprendersi definitivamente e lo segnalo proprio per il fatto che, quando funziona, ha la caratteristica di analizzare ed esporre molto bene tipologia e provenienza dei follower di un profilo Instagram.
Fino a un numero limitato di account analizzati lo strumento e gratuito e disponibile sotto registrazione, poi serve acquistare crediti per analizzare altri profili Instagram.
Altro limite il fatto che se un profilo è privato non riesce a farci nulla.
In ogni caso ti mostro l’area di analisi a mio avviso più interessante, quella riguardante il pubblico di un utente Instagram. Su profili con pochi migliaia di follower questa parte non si attiva per scarsità di dati.
Come avrai notato qui è possibile verificare alcuni aspetti fondamentali per la valutazione di un influencer, come ad esempio quanti follower reali possiede, quanti profili popolari lo seguono, quanti sono i suoi seguaci che a loro volta attivano logiche di bot e quanti sono invece sospettati di non essere reali.
Anche la provenienza geografica è importante, perché se un wine influencer si dichiara italiano e comunica in Italia ma possiede molti follower dal Brasile (un esempio a caso) potrebbe farci sorgere qualche lecito dubbio sulla natura reale del proprio seguito.
Socialblade
Questo tool funziona più o meno nello stesso modo del primo, solo che l’analisi non si limita a Instagram ma comprende anche altri canali come Facebook, Twitter e YouTube, per citare i principali.
In realtà trovo questo strumento approssimativo rispetto ad altri. Utilizzato insieme ai precedenti può comunque essere utile nel fornire ulteriori conferme ad analisi precedenti, permettendo così un rafforzamento delle prove necessarie a identificare un utente come di valore o meno.
Storiella edificante
Qualche tempo fa mi sono permesso di segnalare sulla pagina Facebook di Wine Digital Marketing l’esistenza di un personaggio dichiarato e autodichiaratosi wine influencer che palesemente giocava sporco. Ho espresso il mio pensiero e linkato la pagina di un tool di analisi online che mostrava l’utilizzo di bot e di utenti acquistati (parlo di una percentuale altissima di account dal Brasile).
Quello che è successo in seguito al mio post ha solo dimostrato quanta ragione avessi di dubitare del reale valore di questa persona. L’influencer mi ha infatti prima bannato in Instagram (non vedo più il suo profilo ma per fortuna ho tanti amici con l’app installata), poi ha convertito il proprio account da pubblico a privato con l’intento immagino di limitare l’accesso agli strumenti di analisi sopra elencati. In questo momento perde costantemente follower (esattamente -33 al giorno nel momento in cui scrivo questo paragrafo, 29/11/2018), e dalla sua bio ha eliminato la definizione di “Top Wine Influencer”.
[AGGIORNAMENTO febbraio 2019: il profilo Instagram del fasullo wine influencer non esiste più, è stato totalmente cancellato]
Il suo comportamento è dunque la dimostrazione inequivocabile del fatto che facesse ricorso a pratiche non ortodosse.
E avrei avuto meno certezze se ci fosse stato il coraggio e la disponibilità di chiarire o l’onestà di ammettere. Ma il nascondersi non fa parte di una trasparenza che in pochi hanno e in pochi possono permettersi.
Con questa storiella conclusiva non intendo certo smontare o smascherare nessuno, bensì tutelare le aziende del vino e non solo, che offrono compensi, prodotti e opportunità di varia natura a personaggi del genere, immaginandosi ritorni concreti e dimostrabili.
Se per fare questo è necessario sfatare qualche mito lo faccio volentieri, perché non ho mai apprezzato i furbi, amo il vino e credo nel valore e nella dignità del lavoro che svolgo e che svolgono tanti professionisti seri, dentro e fuori dai social.
Ancora un momento
Scrivere questo post non è stato facile, un po’ per la complessità del tema e delle dinamiche che lo compongono, un po’ per la varietà incredibile di personalità e professionalità differenti che vengono spesso incasellate nella scomoda e non sempre adeguata etichetta di wine influencer.
Non esistono al momento sinonimi migliori per indicare immediatamente e complessivamente chi comunica il vino con alcune modalità nei social network e il mercato, per fortuna o purtroppo, necessita di semplificazioni spesso inadeguate.
Come un tempo chi aveva un blog era automaticamente un blogger, così oggi chi usa soprattutto Instagram con un certo taglio e raggiunge un elevato numero di follower è un wine influencer. Non importa che tra di loro vi siano blogger, giornalisti, enologi, vignaioli (Marilena Barbera e Gianluca Morino sono stati spesso identificati come influencer), sommelier, etc.
Mi rendo conto che ci sia un problema semantico da una parte e contenutistico dall’altra, e onestamente non ho soluzioni alternative in tasca.
Una cosa però la so, che la differenza la fanno sempre e solo le persone e non le classificazioni. Sta a tutti noi prendere le etichette per quello che sono, non dargli magari troppa importanza, e avere il coraggio e la pazienza di approfondire per capire che persona realmente si nasconde dietro la nomea di wine influencer.
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
13 Responses
Ci siamo, sono d’accordo su (quasi) tutta la linea.
Conoscere la persona, di persona, credo sia fondamentale; fra manifestazioni e fiere enologiche varie, credo sia più che fattibile, oltre che necessario. “Conditio sine qua non” per fidarsi ed eventualmente affidarsi.
Grazie mille! In effetti approfondire e conoscere è l’unico modo possibile per distinguere e scegliere.
In effetti, uno di quelli citati ha chiaramente detto di aver acquistato followers in passato. Poi altri hanno lavorato molto bene, alcuni stanno usando instagram perché ” fa figo” parlare del vino visto che ora è di tendenza come argomento. Più che altro gran parte di questi ultimi, non sanno nemmeno di cosa stanno parlando quando postano sul vino.
Per parlare di vino bisogna sbattersi! Per parlare di vino bisogna litigare, di battere a volte anche dire delle cazzate.. Ma vivere pienamente questo mondo.. Preferisco che mi si dia del cretino in una discussione piuttosto di fare monologhi… I bot ti rendono come uno che parla allo specchio…. In fin dei conti ti ascolti da solo
Condivido la necessità di sbattimento, anche quello che a volte fa sbagliare, ma che indubbiamente fa crescere. Grazie del commento!
Io ho trovato questo articolo illuminante. Ti ho scoperto per caso, sono una produttrice di vino e sentivo sempre parlare di bot ma non avevo capito di che si tratta. Così come non conoscevo i due strumenti per analizzare i profili social. Grazie per la preziosissima divulgazione
Grazie a te per le belle parole. Felice di aver dato una mano.
Purtroppo ne conosco e seguo parecchi che usano o usavano bot per il solo scopo di scroccare qualche bottiglia. La cosa triste è vedere che le aziende, dopo tutto il duro lavoro per produrre il vino, regalano bottiglie a queste persone.
Perfettamente d’accordo sull’esigenza di tutelare le aziende prima di tutto.
Ho visto blogger che sono passati da poche centinaia di followers a decine di migliaia in un mese! Con pochi post all’attivo. Ecco svelato l’arcano. Ma le bugie hanno le gambe corte! Ottimo articolo!
Grazie, spero serva per aprire qualche occhio, soprattutto aziendale 🙂
Articolo illuminante anche per una semplice appassionata seppur diplomata. Credo che le varie associazioni (AIS, ONAV, ecc….) dovrebbero dedicare una lezione a questo argomento decisamente importante sia per futuri professionisti che per consumatori consapevoli.
Il tuo è davvero un ottimo spunto Valerie. Più se ne parla meglio è per tutti. Grazie.