Ci avviciniamo al periodo dell’anno solitamente dedicato ai bilanci e ai buoni propositi. Le aziende, non solo del vino, si interrogano su quanto fatto e progettano le attività digitali per il nuovo anno, nella consapevolezza che non è possibile fermarsi.
Detto così, più che un’opportunità il messaggio sembra un monito apocalittico. Non vuole certamente essere questo. La paura non è mai un buon motore, nella vita come nel business.
Mercati, concorrenti, panorami in evoluzione, strumenti che muoiono mentre altri nascono, non devono spaventare, devono essere osservati e interpretati, nella consapevolezza che in rete, se già lo si fa con costanza, non si può smettere di comunicare.
A cambiare possono essere i canali, i linguaggi, i contenuti, gli obiettivi, forse anche il target, ma non il desiderio di proseguire un percorso faticoso che premia la costanza e la presenza. Non deve mancare la voglia di accompagnare chi ci ha donato tempo, attenzione, fiducia: i nostri clienti, i nostri ammiratori, gli affezionati al brand, i followers.
Nonostante questo mi capita a volte di osservare involuzioni comunicative anche in aziende che solo qualche tempo prima comunicavano bene, o almeno con costanza e determinazione, in rete e nei social network.
Il risultato di improvvisi stop, ripensamenti, bruschi rallentamenti è quasi sempre disastroso, e questo perché guadagnarsi la fiducia e l’attenzione del pubblico è difficile, perderla è molto più semplice.
Soffriamo di memoria corta e abbiamo la tendenza a selezionare solo alcune informazioni in un oceano di dati sempre più numerosi e veloci. Questo porta a premiare quelle realtà che, in rete e nei social, non abbassano il livello della loro comunicazione e del dialogo con i propri followers.
Nick Ascheim, Senior Vice President del digitale per i canali televisivi statunitensi NBC News e MSNBC, sostiene che la nuova sfida non è più la ricerca fine a se stessa dei volumi, bensì l’ottenimento della fedeltà e del coinvolgimento del pubblico (che porta comunque e conseguentemente all’aumento dell’audience).
Quello di Nick è un buono spunto, soprattutto perché a comprenderlo e interpretarlo nel modo corretto è in questo caso un media tradizionale, un media che soffre dell’avvento dei nuovi canali e delle nuove piattaforme digitali.
Il potere della continuità
Quando un brand comunica unendo l’aspetto qualitativo dei contenuti all’ascolto delle esigenze e dei desideri del proprio pubblico e alla persistenza e costanza della presenza online, allora riesce nel difficile compito di coinvolgere le persone interessate e creare, tra tutto il proprio pubblico, quelli che vengono definiti i Brand Advocate.
I Brand Advocate sono clienti fidelizzati e soddisfatti, che parlano spontaneamente ad altri delle proprie esperienze positive con prodotti e aziende, diventando in questo modo portavoce del brand, e mantenendo con quest’ultimo una relazione costante nel tempo.
Pensa a quanti amanti del vino si affezionano a singole aziende o a etichette, tanto da farle diventare parte della loro vita, simboli di quello che amano e di quello che essi stesso sono. Fanno propri i valori aziendali e non perdono occasione di consigliare i vini e l’azienda ad amici e conoscenti, così come a sconosciuti che chiedono consigli in rete e nei social media.
Fidelizzati e affezionati, i Brand Advocate hanno dedicato alle aziende e ai vini del cuore uno spazio nella loro mente. Ora sta al brand alimentare questa sorgente di reputazione, continuando a offrire a queste persone (e a tutto il proprio seguito) contenuti da apprezzare e da condividere.
D’altronde, i tre precetti per mantenere alta la reputazione di un brand sono:
- sii consistente
- vivi il tuo marchio
- racconta storie
Dove il secondo consiglio sembra quasi scontato ma di una verità disarmante. Se tu stessa azienda non vivi il tuo marchio, come può viverlo il tuo pubblico?
Solo dunque tramite una comunicazione appassionata, diffusa e continuativa è possibile ottenere risultati importanti e duraturi.
Tutto questo può subire ovvie e a volte imprevedibili deviazioni causate da innumerevoli e svariati motivi, alcuni esogeni altri endogeni. Fluttuazioni del mercato, concorrenza, esodi su nuovi media, crisi di varia natura, possono portare e rivedere la strategia comunicativa, non certo a sospendere le azioni.
Nel momento in cui abbassi il tuo livello comunicativo in rete, o addirittura smetti di comunicare, rompi una promessa con chi ti segue, chiudi un rubinetto vitale per te e prezioso per il tuo pubblico, tradisci una fiducia costruita nel tempo.
Una fiducia che, per quanto a lungo i tuoi ammiratori potranno comunque mantenere, prima o poi sarà abbandonata anche dai più fedeli, sostituita magari da un’altra voce, più forte e più presente.
Senza contare che le piattaforme social stesse, per loro stesso primario interesse, ci invitano a comunicare frequentemente. Pensa alle Stories di Instagram, la loro efficacia è molto legata a quanti contenuti riesci a produrre quotidianamente così da apparire nella parte alta del”applicazione. Pensa alle notifiche che ti arrivano dalla pagina Facebook quando smetti per qualche giorno di postare (ti invita a scrivere qualcosa per il pubblico in ascolto), o ai messaggi che premiano la reattività nelle risposte alle domande o richieste dei tuoi fan.
In un mondo connesso, multicanale e digitalizzato, non dobbiamo comunicare solo per noi stessi, ma anche per fornire a chi ci segue direttamente, contenuti da condividere con la propria cerchia di amici, parenti, conoscenti, followers. Il patto che viene siglato una volta online, non è uno a uno ma uno a tanti e uno a tanti e altrettanti (perdona il gioco di parole).
L’abusato aforisma di Henry Ford si rinnova nell’era digitale più prepotente e attuale che mai:
Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo. – Henry Ford
Fonti: thinkwithgoogle.com
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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