Il digitale è il mondo dei dati (quelli big), delle informazioni, delle statistiche. Le persone sono il target, quelli che contano gli influencer, le esigenze del marketing dettano le regole del gioco.
Nell’era della quantità, degli analytics, dei numeri da veder sempre crescere, la qualità (delle azioni, delle idee, dei contenuti) è valorizzata fino a pagina due.
Certo ti dicono (io stesso lo faccio e continuerò a farlo) che il tuo contenuto deve essere di qualità, deve essere un contenuto di valore, per attrarre e coinvolgere gli utenti.
Ma i dati ci raccontano un’altra storia, e ci rendiamo conto che 100 contenuti scarsi in un lasso di tempo breve, sono spesso più efficaci e danno più ritorni (in termini di numeri) di un buon contenuto prodotto una volta al mese.
Il fatto
Inizio questo post il 10 di ottobre, mosso da una notizia che mi ha fatto molto riflettere e di cui si è parecchio discusso negli ambiti food e digital.
Da pochi giorni è nato a Milano un ristorante giapponese che offre cibo gratis in cambio di visibilità.
Il concetto in sé non è né nuovo né tantomeno disprezzabile. Spiego meglio la logica e dove, secondo me, il meccanismo si inceppa e diventa esemplare di una tendenza diffusa e dilagante, quasi didattica.
Il locale, appartenente alla catena This is not a sushi bar, offre alcuni piatti gratis in rapporto al numero di followers Intagram dei clienti a cui viene chiesto di condividere un post taggando il ristorante.
Se il cliente ha dai 1.000 ai 5.000 follower avrà un piatto gratuito in più rispetto a quanto ordinato, se è seguito da un numero di followers tra i 5.000 e i 10.000 due piatti in più, tra i 10.000 e i 50.000 quattro, tra i 50.000 e i 100.000 otto, oltre 100.000 sarà tutto gratis.
La dinamica, come già anticipato, non è né nuova né scandalosa.
Il meccanismo alla base non è dissimile da quello che vede un’azienda pagare qualcuno per essere ricompensata in visibilità. Gli influencer di ogni genere e settore ne hanno fatto parte del loro business, e generazioni di giornalisti hanno goduto di regalie, campionature e privilegi per portare realtà poco conosciute alla ribalta della stampa locale o nazionale.
Qui certo l’economia non gira molto, il modello è più vicino al baratto, ma anche in questo caso nulla di male o di sbagliato.
Il però
C’è un però che non riesco a non considerare, e che cambia a mio avviso le carte in tavola.
Io, che detesto le scorciatoie a meno che non siano quelle che mi portano più rapidamente in cantina, ho subito pensato a quanti profili dopati ci sono oggi in Instagram, a quanto è facile, pagando, raggiungere un elevato numero di followers e, di conseguenza, a quanti scrocconi si godranno pasti semi o totalmente gratis senza ripagare in alcun modo, sensato e tangibile, quanto offerto dal ristorante.
Questo è un problema, ma è un problema che sembra non essere seriamente considerato da nessuno, perché oggi le cose vanno così, oggi (soprattutto nel digital) la quantità, la frequenza, la persistenza, sono concetti più importanti della qualità.
Il ristorante non si pone il dubbio circa la bontà o la pertinenza del pubblico raggiunto della persona, gli interessa solo che il suo ristorante sia il più visibile possibile, senza criterio, senza ragionamento, senza strategia.
Non gli interessa se in realtà il 90% dei followers del cliente a cui sta regalando i piatti proviene dal Brasile perché lì ha acquistato un pacchetto di seguaci a buon prezzo. Non gli interessa se l’influencer della sera prima si rivolge a un target o a un mercato lontano o non interessato al cibo giapponese. Non pensa che basta che un amico con tanti followers passi il suo account temporaneamente a un amico con pochi followers per farsi regalare una cena (qui non vorrei aver offerto un suggerimento fraudolento).
Nonostante questo, sono certo che l’operazione sarà un successo, almeno nel breve periodo e per la città di Milano. Proprio perché a nessuno importa più nulla della qualità, bastano le statistiche superficiali, i grafici in salita.
Siamo ottimisti, almeno parlando di vino
Anche il vino soffre, come tutte le cose, del fascino perverso dei primati quantitativi.
Ogni anno le statistiche di quale paese nel mondo ha prodotto più vino fanno rizzare i peli sulle braccia di molti consumatori che traducono goffamente questo numero con un “quest’anno il vino migliore è il nostro, abbiamo superato anche i francesi”, quando non si sta parlando di un confronto qualitativo.
Detto questo mi appello a voi vignaioli, a voi consulenti digital per aziende del vino, a voi wine influencer e wine blogger per chiedervi ancora una volta di non rinunciare alla qualità.
Così come ci piace bere vino buono, ci piace sapere che quello specifico vignaiolo lavora in modo etico, allo stesso modo ricerchiamo la qualità nei nostri contenuti e nei contenuti delle persone con le quali avviamo le nostre collaborazioni.
Un’alleanza qualitativa tra digitale e vino è possibile e auspicabile, perché il consumatore evoluto di vino è persona attenta alla qualità di ciò che ha nel bicchiere e di ciò che porta in tavola. Portiamo avanti questa linea anche in ciò che produciamo e ricerchiamo in rete. Dotiamoci della responsabilità e del coraggio di andare oltre le apparenze, di approfondire per capire cosa può far davvero bene al nostro vino e cosa invece è solo il simulacro di una inconsistente sostanza.
Voi vignaioli siete molto spesso più slow che non fast, dietro alle vostre etichette c’è spesso il pensiero, la volontà e la filosofia necessarie a fare la differenza. Non perdete l’occasione che il digitale vi offre di far conoscere tutti questi valori in nome della quantità a tutti i costi. Imparate a usare dati, strumenti e analytics con cognizione di causa, ricordandovi sempre chi siete, perché e per chi lo fate. Solo in questo modo i numeri diventano pertinenti, solo in questo modo acquistano significati davvero capaci di sostenere la vostra strategia digitale.
E voi? Come reagireste se vi pagassero vino in followers? Fatemi sapere, non si sa mai che compro un bel pacchetto da 50.000 per l’occasione.
La notizia: corriere.it
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
2 Responses
Personalmente non conoscevo il ristorante giapponese che cita, ma l’obiezione che hai mosso è interessante, fa pensare!
Grazie Ale