Leggo post, osservo stories, ascolto dirette, e penso che buona parte della comunicazione generalista del vino è afflitta da un problema di vaghezza, ma non per scelta quanto piuttosto per mera necessità.
Edoardo Lombardi Vallauri, professore di Linguistica Generale, ci aiuta a capire cosa è la vaghezza in ambito comunicativo e perché è un eccellente strumento di persuasione.
“Adottare enunciati il cui contenuto resti vago e sottodeterminato corrisponde alla scelta di asserire di meno. Questo in termini di strategia comunicativa garantisce all’emittente due vantaggi: primo, può deresponsabilizzarsi rispetto a un contenuto delicato, perché riesce a veicolarlo senza averlo asserito esplicitamente; secondo, per questo motivo le probabilità di essere contraddetto o semplicemente riconosciuto erroneo o mendace si abbassano notevolmente“.
E ancora Vallauri:
“Il vantaggio di un’espressione estremamente vaga è che, non specificando qualcosa a esclusione di altro, non rischia di scontentare nessuno“.
Approfondiamo il concetto
La comunicazione pubblicitaria e quella politica, consapevolmente adottano la vaghezza nei contenuti per evitare di esporsi, schivare contraddittori e risultare veritiere, proprio perché una parte mancante di significato ce la mette chi riceve il messaggio.
Dire che “RedBull ti mette le ali”, così come affermare che, se si verrà votati, “si cambierà tutto il sistema”, sono enunciati volutamente vaghi, e ognuno ci appiccica il significato che preferisce.
Ma il mondo della comunicazione del vino non è così raffinato e spesso applica la vaghezza per necessità di semplificazione, nella migliore delle ipotesi, per mascherare evidenti lacune contenutistiche, nella peggiore.
Cosa stiamo realmente affermando quando definiamo un vino “interessante”. Nulla, è ovvio. Dovrebbe essere evidente ma non lo è, perché per effetto dell’egocentric bias, chi legge o ascolta, traduce come vuole l’espressione vaga. Sentiamo “interessante” e lo interpretiamo secondo la nostra sensibilità. Inoltre è un concetto vagamente positivo, e non c’è nulla di errato o di contestabile in un generico “interessante”. Tutto a posto quindi.
Lo stesso accade quando definiamo un territorio “vocato” senza ulteriori approfondimenti? Cosa stiamo dicendo esattamente. Siamo così sicuri che il significato di “vocato” sia uguale per tutti?
Ma non confondiamo i piani, la vaghezza non è un problema di singole parole, è un problema di enunciati. Le parole non hanno colpa, sono piuttosto le frasi l’oggetto del contendere. Posso dire “interessante”, posso dire “vocato”, devo però spiegare per me che significato hanno questi termini, per me come comunicatore, come vignaiol*, come brand.
E attenzione che la vaghezza è un concetto applicabile non unicamente ai testi, ma anche facilmente a contenuti iconografici come le immagini. Fotografie di vigne al tramonto, di mani di vignaiol* che potano, di sciabolate acrobatiche, promuovono la vaghezza come valore intrinseco, ne fanno una bandiera adatta a ogni paese.
La vaghezza è inoltre parente stretta della sintesi estrema e della eccessiva semplificazione dei concetti.
Instagram, dove regna la vaghezza
Post di tre righe con concetti vaghi e ricorsivi su una bottiglia degustata o su un territorio, frasi riprese da presentazioni di aziende o di consorzi, dirette che affrontano sempre i soliti argomenti, immagini spersonalizzate e non identitarie, che valore possono offrire a chi legge e ascolta se non, al massimo, una conferma di idee preesistenti?
Da questo punto di vista Instagram è davvero il regno della vaghezza, dove a salvarsi sono i comunicatori, vignaioli e brand del vino che hanno da sempre fatto dell’approfondimento e della chiarezza il loro punto di forza.
Ecco perché la comunicazione enoica ha bisogno sì di semplificazione e di leggerezza ma non di vaghezza. Specificità, esattezza e approfondimento, precisazione e spiegazione possono convivere con leggerezza e immediatezza.
Se devi comunicare un vino o un territorio, per te o per tuoi clienti, non affidarti alla vaghezza, perché rischi di lasciare agli altri l’interpretazione autentica del tuo contenuto.
Immagine in evidenza realizzata con Midjourney
Fonte: La lingua disonesta - Edoardo Lombardi Vallauri, ed. il Mulino
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
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