I concetti di “lingua di plastica” e di buzzword sono ormai da qualche anno oggetto di discussione nei campi della comunicazione (soprattutto pubblicitaria) e del giornalismo.
Entrambi i concetti evidenziano un problema tanto diffuso quanto subdolamente mimetico, e mirano a promuovere un approccio alla comunicazione in grado di favorire la ricchezza e la varietà linguistica, evitando l’uso di formule o frasi abusate, luoghi comuni, metafore fuorvianti ma spesso applicate in maniera automatica.
Per fare alcuni esempi possiamo citare: la splendida cornice degli eventi, il trito e ritrito teatrino della politica, la morsa del gelo che ogni anno arriva e “morde”, oppure la sempre valida metafora della guerra ogni volta che un evento di natura anche molto differente stravolge la vita di qualcuno, es. la recente pandemia. E potrei continuare…
Non si tratta di parole giuste o sbagliate di per sé, belle o brutte, vere o false. Semplicemente di parole abusate, banalizzate, utilizzate spesso a sproposito, radicate nella nostra mente di scrittori e di lettori da anni di comunicazione plastificata. Scorciatoie linguistiche, formule pronte all’uso che non fanno pensare, che scattano automatiche dalle dita e dalla voce di chi scrive o parla, e che non fanno altro che impoverire la lingua di cui disponiamo.
“Se possiamo, evitiamo di partecipare alla plastificazione della lingua, e cerchiamo, piuttosto, di mantenerla fresca, croccante, appetitosa”. – Vera Gheno, Le ragioni del dubbio.
Proprio questa frase di Vera Ghena ha risvegliato in me il desiderio di riprendere una battaglia (anche questa è plastificazione, avrei potuto usare una formula meno scontata, più originale?) che in realtà combatto da anni su questo blog, nell’intento di rinnovare e rinfrescare il lessico e il linguaggio del vino, sia esso presente nei testi istituzionali, sui canali social o nelle parole di chi presenta la propria o l’altrui azienda.
Ecco dunque a seguire una lista (l’ordine è sparso), che spero di poter integrare nel tempo anche grazie al tuo aiuto, di concetti, parole, frasi e formule linguistiche che dovresti osservare con una certa dose di sospetto, e che sarebbe meglio evitassi per rendere più “fresca, croccante e appetitosa” la comunicazione del tuo vino e della tua cantina (se sei un/una vignaiol*), o la tua comunicazione in generale (se sei un comunicatore, wine influencer, giornalista, blogger).
Passione
La passione dovrebbe essere il requisito minimo indispensabile che muove le azioni di un/una vignaiol*. Almeno oggi, almeno in questo tempo e contesto. Ricorrere costantemente a questa abusata parola, come se rappresentasse un valore unico e distintivo che solo tu possiedi, è decisamente anacronistico e lievemente noioso. Puoi trovare di meglio sul mercato delle parole.
Eccellenza
L’eccellenza, per definizione, non possiamo averla tutti, non si chiamerebbe così. Siamo d’accordo? Eppure i testi dei siti web delle aziende del vino traboccano di “eccellenza”. Non si tratta di un punto di partenza ma di un traguardo da raggiungere, un traguardo che spesso si allontana ogni volta che ci si avvicina un po’ di più. Usa questa parola con estrema cautela, o trova altri sostantivi altrettanto efficaci.
Tradizione e innovazione
Dai, devo davvero dire qualcosa su questa formula che si ripresenta uguale nella stragrande maggioranza dei siti web delle aziende del vino?
Sostenibilità
Il fatto che si tratti di un tema “caldo” non significa che lo si debba usare a sproposito. La sostenibilità di un’azienda del vino non va solo dichiarata, va dimostrata, va raccontata.
Filosofia
L’idea di vino di un’azienda, il suo approccio, il mondo che rappresenta, i valori che promuove e che difende, la sua interpretazione di un territorio o di una denominazione, sono sempre argomenti complessi da comunicare. Dal chi siamo, alla mission, fino alla più recente e suggestiva filosofia, il passo è breve. Parlare, e scrivere, di filosofia aziendale non è forse ancora una pratica stanca, ma attenzione, l’utilizzo si sta diffondendo e, in un certo senso, il vocabolo si sta impoverendo.
Nel cuore del/della
Per prima cosa sarebbe da capire se lo sei davvero nel cuore del tuo territorio, o se in realtà ti trovi ai confini di una denominazione (e non ci sarebbe nulla di male). Poi sarebbe il caso di trovare una formula differente, perché questa (come la splendida cornice) è ormai davvero troppo diffusa.
I giochi di parole con vino di-vino
Lo so che è la prima cosa che ti viene in mente quando devi dare un nome a un evento o a un qualche nuovo brand vinicolo ma, proprio per questo, per favore, evita.
Radicato / radicati
Più o meno come sopra si presta a giochi di parole e metafore già mille volte usati per descrivere attaccamento alla terra, origini antiche e autentiche, tradizioni remote. Ma anche qui sono possibili altre vie.
Da generazioni
La vera e autentica storicità di un territorio o di una famiglia credo possa venire espressa con maggiore profondità e dignità rispetto a un generico produciamo vino da generazioni.
Rispetto
Altro sostantivo usato spesso a sproposito. Accostato a concetti quali la sostenibilità, il territorio, le tradizioni, le pratiche di gestione del vigneto, etc, rientra in quella serie di parole che evocano suggestioni e immagini ben definite, ma che spesso non hanno riscontri concreti. Si usano perché sono di moda.
Territorio unico
Facci caso, territorio è quasi sempre seguito da unico come solo aggettivo che siamo in grado di usare. Carenza di alternative, di fantasia o estrema comodità linguistica? Che poi, a pensarci bene, è un’aggiunta alquanto inutile, tutti i territori sono un qualche modo unici.
Protagonista (più per gli uffici stampa)
Tipo: La [denominazione] protagonista alla Milano Wine Week. Tratto da una storia vera. Possibile che non esista un altro titolo per una notizia o per un comunicato stampa?
Interessante
L’aggettivo dell’orrore. Il termine che tutti usano quando non sanno esattamente cosa vogliono dire. Facci l’occhio nei testi e l’orecchio nelle parole e vedrai che, come me, inizierai a rabbrividire ogni volta che lo incontri, lui, il mitico vino interessante.
Naturale
Qui temo rappresaglie. Dico solo che non è un passepartout, e che spesso non vuol dire proprio un cazzo.
E ora due favori
- segnalami anche tu parole o frasi che ritieni concorrano a plastificare il linguaggio del vino, se meritevoli le aggiungerò volentieri in lista
- quando devi scrivere o parlare, cerca di evitare le formule qui elencate o prova a sostituirle con nuove e più fresche alternative linguistiche che ne conservino il significato
Nota: alcuni degli esempi riportati a inizio post sono tratti da questo articolo de Il Post di maggio 2014, segnalato nel saggio di Vera Gheno.
Di seguito le vostre aggiunte
Particolarmente vocato
Con questa segnalazione Dario mi ricorda che in effetti i terreni sono spesso particolarmente vocati, così come il territorio. Si tratta di un caso didattico di formula pronta all’uso, possibilmente da evitare come la peste.
Territoriale
Alessandro mi segnala l’abuso del termine territoriale associato al vino, una qualità da un lato rara da un altro lato onestamente difficile da definire. Esempio di parola che quasi automaticamente si appiccica al vino, tanto basta produrlo da vigneti in loco per essere definito territoriale.
Ottimo rapporto qualità prezzo
Dai, non si può più sentire, in nessun campo del commercio, non solo nel mondo del vino (formula segnalata sempre da Alessandro).
Questo post contiene alcune informazioni che spero possano esserti d’aiuto concreto. Se vorrai condividerlo ne sarò felice.
Nel caso in cui necessitassi di ulteriori approfondimenti o desiderassi contattarmi per una consulenza, puoi farlo tramite la chat Messenger o scrivendo a andreamarc79@gmail.com
6 Responses
Bellissimo articolo, fa davvero riflettere.
Tra le altre parole abusate mi permetto di aggiungere
“qualità” , “terreni particolarmente vocati” “vini freschi e particolari, eleganti”
Grazie Dario, e giustissime le tue aggiunte. In effetti i terreni sono sempre “particolarmente vocati”.
Complimenti per l’articolo, molto tagliente. Personalmente trovo piuttosto “tristi” anche queste 2 parole: “vino territoriale” e “ottimo rapporto qualità/prezzo”
Grazie Alessandro, in effetti queste sono da inserire in lista. A breve aggiorno.
Come già commentato su FB, articolo molto significativo. Rileggendolo penso al tempo stesso che alcune parole siano in se nobili o comunque spesso azzeccate, ma vengono svilite da chi le utilizza (per mancanza di credibilità), ovvero ancora più spesso per il contesto fuori luogo dell’utilizzo stesso. Epsrimo poi uno spunto personale su “interessante”, termine che io all’inizio adoperavo in contrasto con vini buoni/ottimi, per comunicare che la qualità/piacevolezza di un vino sia ormai data per scontata o comunque diffusa, mentre la sua personalità, bevibilità e capacità di rimanere impressi nella memoria sono virtù già più rare. Nel tempo sto sostituendo “interessante” con emozionante, talvolta anche autentico; ma alla fine credo che un termine acquisisca senso e forza se non se ne abusa (vedi tradizione ed innovazione, roba da latte alle ginocchia).
Verissimo David, molte parole soffrono dell’usura del tempo e dell’abuso che se ne fa, fino quasi a perdere ogni significato.